Long Covid immunità
Foto di Khusen Rustamov da Pixabay

Il Long Covid è una condizione davvero debilitante per coloro che ne soffrono, ma il continuo insorgere dei sintomi e i dati contrastanti su come e quanto questa condizione si verifica, non è possibile stabilire quante persone vengano colpite. Molto spesso viene definita come una condizione post Covid-19 e sembrerebbe ultimamente essere meno comune di quanto si pensasse in precedenza.

Ciò grazie soprattutto al ciclo di vaccinazione. Sulla base dei dati dell’inizio della pandemia, le stime dell’OMS collocano la condizione a un tasso compreso tra il 10 e il 20% dei pazienti affetti da Covid-19. Lo studio suggerisce che il Long Covid tra gli operatori sanitari potrebbe avere un impatto “profondo” sull’assistenza sanitaria. Ad esempio alcune stime suggeriscono che in Canada questa condizione colpisca oltre il 50% delle persone, con sintomi che sono ampi e non specifici.

 

Long Covid, ad oggi è meno comune come in precedenza

Tuttavia con le stime secondo cui più della metà dei canadesi è stata infettata da Covid da dicembre dopo l’emergere di Omicron e delle sue sotto varianti altamente contagiose, mancano prove che suggeriscano che attualmente ci sono milioni di trasportatori di questa condizione. Ricerche più recenti suggeriscono che il Long Covid si sta verificando a un ritmo molto inferiore rispetto alle stime dall’inizio della pandemia, prima della vaccinazione diffusa. I sintomi possono non solo combinarsi tra loro, ma anche cambiare nel tempo e fondamentalmente riguardare qualsiasi organo, apparato o sistema dell’organismo.

Sono stati segnalati disturbi della coagulazione, reazioni autoimmuni, ovvero condizioni in cui si osserva un’attivazione del proprio sistema immunitario verso specifici organi anziché verso minacce esterne come batteri e virus e, fortunatamente solo in rari casi, la cosiddetta sindrome multi infiammatoria sistemica, un’infiammazione generalizzata in grado di coinvolgere apparati ed organi nobili. Ciò quindi ci porta a domandarci, quanto durerà questa condizione? Attualmente non esiste una risposta sicura a questa domanda. Per quella che è l’esperienza riportata dalla maggior parte dei clinici e dei pazienti la durata è variabile, ma in genere compresa in una forbice tra qualche settimana e diversi mesi, raramente arriva a 9 secondo l’OMS, ma gli studi sono tuttora in corso.

L’OMS, proprio sulla base della durata, definisce tale la condizione come un insieme di sintomi che esordiscono in genere entro 3 mesi dall’infezione acuta, che durano per almeno 2 mesi e che non possono essere spiegati da una diagnosi alternativa. I sintomi possono essere di nuova insorgenza dopo il recupero iniziale dall’infezione, o persistere fin da quel momento, così come possono manifestare fluttuazioni nella severità e mostrare recidive. Ulteriori studi speriamo possano fare quindi luce sulle ragioni alla base dei sintomi che, ad oggi sono solo ipotesi, potrebbero essere conseguenza di un danno d’organo, una risposta infiammatoria o addirittura autoimmune persistente, oppure altro ancora.

Foto di Khusen Rustamov da Pixabay