
La sindrome di Prader-Willi (PWS) è una malattia genetica rara, ma estremamente complessa, che colpisce circa un bambino su 15.000. È causata da un’alterazione del cromosoma 15 paterno, che impedisce il normale funzionamento di alcuni geni fondamentali per la regolazione dell’appetito, dello sviluppo fisico e delle funzioni cognitive. Sebbene sia presente dalla nascita, i sintomi diventano evidenti con la crescita, portando a importanti conseguenze per la salute e la qualità della vita.
Uno dei segni distintivi più noti della sindrome è l’iperfagia, ovvero una fame costante e incontrollabile che emerge nei primi anni di vita. I bambini affetti da PWS non avvertono il senso di sazietà e tendono a cercare cibo in modo compulsivo. Questo comportamento, se non gestito, porta spesso a obesità grave, con tutte le complicazioni che essa comporta: diabete, problemi cardiaci, disturbi respiratori e ridotta aspettativa di vita.
Prader-Willi: la sindrome che spegne il senso di sazietà e sfida la medicina
Ma la sindrome di Prader-Willi non si limita alla fame insaziabile. I neonati presentano ipotonia muscolare (scarso tono muscolare), difficoltà nell’alimentazione, ritardo nella crescita e nello sviluppo motorio. Col tempo si manifestano anche ritardi cognitivi, difficoltà di apprendimento, tratti autistici e disturbi comportamentali, come ossessività e scatti di rabbia. L’aspetto fisico può includere tratti peculiari come occhi a mandorla, mani e piedi piccoli, e bassa statura.
Nonostante non esista una cura definitiva, una diagnosi precoce può fare la differenza. Grazie a interventi multidisciplinari, che includono supporto nutrizionale, terapia ormonale, logopedia e sostegno psicologico, è possibile migliorare significativamente la qualità della vita dei pazienti e delle loro famiglie. La gestione dell’alimentazione è cruciale: spesso si ricorre a controlli ambientali rigorosi, come la chiusura di frigoriferi e dispense.
Le cause genetiche della sindrome di Prader-Willi derivano da una mancata espressione dei geni paterni sul cromosoma 15, per una delezione, disomia uniparentale materna o difetti dell’imprinting genomico. Queste anomalie non sono quasi mai ereditarie, ma si verificano per caso al momento del concepimento. Per questo motivo, molte famiglie scoprono la malattia solo dopo la nascita del bambino.
Ci ricorda quanto sia delicato l’equilibrio genetico che regola le funzioni vitali
La ricerca scientifica continua a esplorare terapie innovative per affrontare le diverse manifestazioni della sindrome. Sono in corso studi clinici per farmaci che agiscono sul sistema nervoso centrale, cercando di modulare la sensazione di fame. Parallelamente, la terapia genica rappresenta una frontiera promettente, anche se ancora lontana dall’uso clinico.
Il supporto delle associazioni di pazienti, come la Fondazione Italiana Prader-Willi, è fondamentale per orientarsi nel percorso terapeutico. Queste organizzazioni offrono risorse, consulenza e momenti di condivisione, aiutando le famiglie a non sentirsi sole e a ottenere accesso alle cure specialistiche.
La sindrome di Prader-Willi ci ricorda quanto sia delicato l’equilibrio genetico che regola le funzioni vitali. Conoscere questa patologia, anche se rara, significa dare voce a chi convive ogni giorno con sfide complesse, promuovere l’inclusione e sostenere la ricerca scientifica, che rappresenta la speranza per un futuro migliore.
Foto di manfred Kindlinger da Pixabay