isolamento-sociale-cervello-cambiamenti
Photo by Robina Weermeijer on Unsplash

L’isolamento sociale, qualunque sia la causa dietro ad esso, è un problema di fatto misurabile. Non si tratta solo di un’inconvenienza che può portare a una serie di aspetti negativi nella vita di tutti i giorni, ma porta proprio il cervello a cambiare. Se infatti è stato visto come quest’ultimo reagisce positivamente a stimoli di natura di gruppo e di folla, reagisce negativamente quando si è da soli per lungo tempo.

Nello specifico, l’isolamento sociale può portare a problemi cognitivi quantificali, appunto. Il motivo riguarda soprattutto le zone del cervello coinvolte nelle interazioni sociali. Quest’ultime si sovrappongono a quelle adibite ad alcuni aspetti cognitivi, si parla della rete di salienza, la rete sottocorticale, la rete esecutiva centrale e quella definita rete della modalità predefinita.

 

Isolamento sociale: le modifiche al cervello

Per lo studio in questione sono stati presi in esame i dati di 500.000 persone che nel totale avevano un’età media di 57 anni. Per essere inseriti nel gruppo dell’isolamento sociale, le persone dovevano avere contatti sociali con una frequenza minore di un mese con partecipazione ad attività sociali meno di una volta a settimana e in generale dovevano vivere da soli. Le scansioni cerebrali hanno visto le persone di tale gruppo perdere maggiore quantità di materie grigia durante il corso degli anni con un aumento del rischio di sviluppare demenza del 26%.

La teoria dietro a questa trasformazione legata all’isolamento sociale, che però rimane al momento una teoria, è che l’ovvio non uso di certe parti del cervello finisce per atrofizzare le suddette, come il non uso di un muscolo per esempio. E se da un lato sembrerebbe essere facile combattere una situazione del genere, ci sono studi che cercano di creare trattamenti farmacologici.