feto-gravidanza
Ph. Pixabay

I meccanismi di ingresso del virus SARS-CoV-2 nel corpo umano sono stati ben stabiliti e, sebbene le donne in gravidanza siano state identificate come un potenziale gruppo a rischio per l’infezione da COVID-19, si sa poco sulla suscettibilità dall’infezione prenatale al coronavirus. Ma i risultati di un recente studio forniscono nuove preziose intuizioni in questo settore.

 

Suscettibilità esplorata

Lo studio, condotto da ricercatori dell’University College London (UCL), ha scoperto che un bambino non ancora nato potrebbe essere infettato dal COVID-19 se il suo intestino è esposto al virus SARS-CoV-2. Sebbene i ricercatori non abbiano analizzato le madri contagiate dal virus, sono stati in grado di dimostrare che alcuni organi del feto, in particolare l’intestino, sono più suscettibili alle infezioni.

Tuttavia, gli autori dello studio sottolineano che le opportunità per il virus COVID-19 di infettare il feto sono estremamente limitate, poiché la placenta funge da scudo protettivo altamente efficace e le prove suggeriscono che l’infezione fetale ha un tasso di probabilità molto basso.

Per esplorare la suscettibilità del feto umano a metà gestazione all’infezione da SARS-CoV-2, i ricercatori hanno analizzato più tessuti fetali in diverse fasi gestazionali, oltre a verificare la presenza dei recettori cellulari ACE2 e TMPRSS2, essenziali per la SARS -Cov-2 per il contagio.

 

Possibile, ma improbabile

Queste osservazioni hanno rivelato che l’intestino e i reni erano gli unici organi che esibivano questi recettori e, poiché i reni fetali non sono direttamente esposti al liquido amniotico, è improbabile che siano una via rilevante per l’infezione virale. Pertanto, il team ha ritenuto che il SARS-CoV-2 potesse infettare il feto solo attraverso l’intestino attraverso il liquido amniotico.

Per verificare ciò, il team ha analizzato i dati di sequenziamento del cRNA dall’archivio pubblico ed è stato in grado di dimostrare che l’intestino fetale umano è altamente co-espressivo sia di ACE2 che di TMPRSS2.

Il dottor Mattia Gerli, affiliato alla Divisione di Chirurgia e Scienze Interventistiche dell’UCL e autore principale dello studio, ha spiegato che “è noto che il feto inizia a ingoiare liquido amniotico nella seconda metà della gravidanza. Per causare un’infezione, SARS-CoV-2 dovrebbe essere presente in quantità significative nel liquido amniotico intorno al feto”.

Tuttavia, spiegano gli autori, ci sono prove che anche se la madre è infetta dal COVID-19, il liquido amniotico di solito non contiene il virus SARS-CoV2. Pertanto, i risultati dimostrano che l’infezione del feto durante la gravidanza è possibile ma improbabile, il che è una notizia confortante per i futuri genitori.