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La vitamina D aumenta il rischio di dipendenza da oppiacei. Foto di vaidosa da Pixabay

Secondo un nuovo studio condotto dai ricercatori del Massachusetts General Hospital (MGH), la carenza di vitamina D esagera fortemente il desiderio e gli effetti degli oppioidi, aumentando potenzialmente il rischio di dipendenza da queste sostanze. La ricerca potrebbe dunque suggerire che degli integratori a basso costo di vitamina D, potrebbero essere utili nella lotta contro il flagello della dipendenza da oppioidi.

Questo studio prendo spunto dai precedenti studi di David E. Fisher, medico e PhD, direttore del Programma Melanoma del Mass General Cancer Center e direttore del Cutaneous Biology Research Center (CBRC) del MGH, coautore anche di questa nuova ricerca.

 

La carenza di vitamina D ci porta verso il Sole

Nel 2007, Fisher ed il suo team scoprirono che l’esposizione ai raggi ultravioletti, in particolare agli UVB, stimola la produzione di endorfina. Questo ormone, chimicamente correlato alla morfina, all’eroina e ad altri oppioidi, attiva tutti gli stessi recettori nel cervello. Inoltre l’endrofina è spesso nota come ormone del piacere, in quanto induce una sensazione di leggera euforia e benessere.

In un suo studio successivo Fisher scoprì infatti che nei topi l’esposizione ai raggi UV aumenta i livelli di endorfine. Inoltre i topi del suo esperimento mostravano un comportamento coerente con la dipendenza da oppiacei.

È dunque possibile che l’uomo cerchi in modo sconsiderato l’esposizione al Sole quando in realtà ha solo bisogno di endorfina e di oppioidi, sviluppando infatti dei comportamenti che rispecchiano quelli dei tossicodipendenti da oppioidi.

Fisher ritiene che tutto questo sia un effetto collaterale della carenza di vitamina D e che sia stato proprio questo importante pro-ormone a guidare l’uomo e gli animali verso l’esposizione al sole, che i nostri corpi non possono formulare da soli.

La vitamina D favorisce l’assorbimento del calcio ed è dunque essenziale per la costruzione e la salute delle ossa. Mentre i primi umani migravano verso nord durante la preistoria, potrebbe essere stata necessaria un’alterazione evolutiva per costringerli a uscire dalle caverne e prendere il sole, soprattutto nei giorni più freddi. Ed è possibile che questa sia stata la produzione dell’endorfina, il piacere come una sorta di incentivo all’esposizione solare.

Se così non fosse stato, forse la storia umana sarebbe stata diversa, i nostri antenati sarebbero morti in fasce a causa della carenza prolungata di questo pro-ormone, oppure avrebbero avuto le ossa troppo deboli e fragili per scappare da eventuali predatori o cacciare.

 

La ricerca di oppioidi può essere aumentata dalla carenza di vitamina D

Questa è la teoria che ha portato Fisher e colleghi a ipotizzare che la ricerca del sole sia guidata dalla carenza di vitamina D, con l’obiettivo di aumentare la sintesi del pro-ormone per la sopravvivenza, e che la carenza di questa sostanza potrebbe anche rendere il corpo più sensibile agli effetti degli oppioidi, contribuendo potenzialmente alla dipendenza da queste sostanze.

Sulla base di questi presupposti dunque, come afferma l’autore principale Lajos V. Kemény, medico PhD, ricercatore post-dottorato in Dermatologia presso MGH, “il nostro obiettivo in questo studio era comprendere la relazione tra la segnalazione della vitamina D nel corpo e i comportamenti di ricerca di UV e oppioidi”.

Kemény e un team multidisciplinare di cui fa parte anche Fisher hanno dunque condotto diversi esperimenti confrontando dei normali topi di laboratorio con topi che erano carenti di vitamina D. Come afferma Kemény: “abbiamo scoperto che la modulazione dei livelli di vitamina D modifica molteplici comportamenti di dipendenza sia dai raggi UV che dagli oppioidi”.

I ricercatori hanno inoltre notato che quando i topi sono stati esposti a dosi modeste di morfina, quelli carenti di vitamina D continuavano a cercare il farmaco, mentre quelli normali non mostravano comportamenti di questo tipo. Inoltre, quando è stata interrotta la somministrazione di morfina, i topi con bassi livelli di vitamina D avevano molte più probabilità di sviluppare sintomi di astinenza.

Dallo studio è altresì emerso che la morfina produceva effetti maggiori come antidolorifico nei topi con carenza di vitamina D. L’oppioide ha avuto dunque una risposta esagerata in questi topi. Questo aspetto potrebbe preoccupare se lo stesso accadesse anche per l’essere umano. Fisher porta infatti l’esempio di un paziente chirurgico che riceve morfina per il controllo del dolore nel post operatorio. Se il paziente fosse al contempo carente di vitamina D, gli effetti euforici della morfina potrebbero essere esagerati, “e quella persona avrebbe maggiori probabilità di diventare dipendente”.

 

Un passo avanti nella lotta alle dipendenze da oppioidi

Queste ipotesi sembrano inoltre essere confermate da diverse analisi di accompagnamento delle cartelle cliniche umane. Uno ha mostrato che i pazienti con livelli di vitamina D modestamente bassi avevano il 50% di probabilità in più rispetto ad altri con livelli normali di cedere all’uso di oppioidi, mentre i pazienti con grave carenza di vitamina D avevano il 90% di probabilità in più.

Questa nuova ricerca potrebbe dunque essere un forte aiuto nella lotta alla dipendenza da queste sostanze. Come spiega Fisher: “quando abbiamo corretto i livelli di vitamina D nei topi carenti, le loro risposte agli oppioidi si sono invertite e sono tornate alla normalità“.

Questo potrebbe dunque significare che il trattamento della carenza di vitamina D negli esseri umani, potrebbe indurre un minor desiderio di queste sostanze e portare ad una diminuzione delle dipendenze.