Covid-19 bambini anticorpi

Secondo un nuovo studio di Singapore, i bambini nati da madri con infezione da Covid-19 durante la gravidanza, hanno sviluppato anticorpi protettivi. I bambini sembrano non essere malati di Covid-19 e mostrano di aver acquisito gli anticorpi protettivi, probabilmente temporaneamente secondo gli scienziati, proprio dalla madre.

Si tratta di un evento che rinforza la teoria secondo la quale la trasmissione di Covid-19 da madre a figlio è abbastanza rara e che i bambini nati da madri che sono state infette durante la gravidanza possono in qualche modo contare sugli anticorpi protettivi. I ricercatori hanno affermato che non è ancora chiaro quale livello di protezione possano offrire questi anticorpi.

 

Covid-19, i bambini nati da madri infette sviluppano anticorpi

Il numero di anticorpi nei bambini variava ed era più alto tra quelli le cui madri erano state infettate più vicino al momento del parto. È necessario un ulteriore monitoraggio per vedere se gli anticorpi diminuiranno man mano che i bambini crescano. Già in passato alcuni studi avevano mostrato che le madri risultate positive al virus SARS-CoV-2 possono trasmettere gli anticorpi di tipo IgG ai figli direttamente nell’utero. Altri studi avevano mostrato che i bambini nati da madri che risultavano ancora positive al momento del parto non mostravano segni di Covid-19.

Gli anticorpi IgG, dunque, si rivelano in questo senso molto più “resistenti” degli anticorpi IgA e IgM in quanto quest’ultimi sembrano invece decomporsi molto più rapidamente. Ricordiamo che questo tipo di anticorpi resta nell’essere umano per almeno tre mesi dopo la malattia. Il 78% dei soggetti analizzati non mostrava più livelli rilevabili di IgM. Il 24% non aveva più IgA rilevabili mentre il 97% manteneva livelli rivelabili di IgG. In alcuni dei soggetti, gli stessi livelli di anticorpi IgG risultavano addirittura aumentati rispetto alla prima analisi.

Questi risultati confermano che i livelli di anticorpi IgM e IgA tendono a diminuire dopo il primo mese o il secondo mese a seguito dell’infezione, diversamente dai livelli di IgG. Si tratta di un’informazione che potrebbe rivelarsi importante soprattutto quando si fanno analisi per capire se una persona è stata infettata o meno in passato.

Foto di PublicDomainPictures da Pixabay