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Foto di louisehoffmann83 da Pixabay

Cosa succede se un uomo si ritrova nei panni – letteralmente – di una donna vittima di molestie? È la domanda a cui ha cercato di rispondere uno studio condotto da Chiara Lucifora e il suo team presso l’Università di Bologna, mettendo alla prova 36 uomini in un esperimento di realtà virtuale che li ha condotti in un’esperienza tanto inedita quanto scomoda.

I partecipanti, giovani uomini con un’età media di 23 anni, sono stati invitati a impersonare un avatar femminile intento a prepararsi per una serata fuori. Successivamente, si sono ritrovati in una simulazione notturna di una stazione della metropolitana, un ambiente che richiama molti dei luoghi dove, nella vita reale, si consumano episodi di molestia verbale.

Molestie virtuali, emozioni reali

Metà dei soggetti ha ricevuto commenti invadenti da parte di avatar maschili: “Ehi, sorridi!”, “Wow, sei vera?”. L’altra metà ha interagito con personaggi virtuali dai toni neutri. I risultati sono stati netti: i partecipanti molestati hanno manifestato alti livelli di rabbia e disgusto, emozioni direttamente associate alla disapprovazione morale.

Il dato sorprendente? Solo uno su trentasei ha reagito in modo aggressivo. Il motivo, secondo un partecipante, è semplice e disarmante: “Ero una donna, quindi non ho risposto. Se fossi stato un uomo, lo avrei fatto.” Una frase che riflette perfettamente la pressione sociale e culturale legata al genere.

Una lezione che tocca l’identità

Lo studio, pubblicato su PsyArXiv, suggerisce che la realtà virtuale può diventare uno strumento educativo potente, in grado di far vivere esperienze empatiche e trasformative. “La VR permette di provare senza subire davvero, di riflettere senza difendersi”, afferma Colleen O’Leary, studiosa di molestie verbali.

Il fatto che i livelli di paura fossero simili in entrambi i gruppi suggerisce quanto l’ambiente in sé – una stazione vuota di notte – sia percepito come minaccioso, specie per chi sperimenta per la prima volta il mondo con occhi femminili.

Uno specchio virtuale per la realtà

Anche se lo studio non ha monitorato cambiamenti comportamentali a lungo termine, il messaggio è chiaro: vestire i panni dell’altro cambia la prospettiva. La rabbia, il disagio, il silenzio: tutto ciò che alcune donne vivono quotidianamente, per molti uomini è stata un’illuminazione breve, ma incisiva.

“Non mi aspettavo di sentirmi così vulnerabile”, ha confessato uno dei partecipanti.
Una lezione in VR, ma più che reale.

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