inquinamento sensoriale animali mondo
Foto di Giani Pralea da Pixabay

All’interno della comunità scientifica è abbastanza condivisa l’idea che conoscere al meglio il mondo degli animali e il modo in cui loro percepiscono il mondo che li circonda, possa fornire nuove interpretazioni del nostro mondo. Potrebbe rendere chiari effetti non altrimenti osservabili delle attività umane e stimolare una ricerca più efficiente dei modi di preservare gli ambienti o quantomeno minimizzare i danni, in parte ineliminabili, collegati a quelle attività.

Oltre le innumerevoli ricerche al riguardo delle scienze naturali, la percezione del regno animale è stata oggetto di molte riflessioni filosofiche. Partendo dal presupposto che anche i pipistrelli abbiano un’esperienza del mondo simile a quella degli altri mammiferi, un essere umano potrebbe provare a immaginare cosa si provi a essere un pipistrello assumendo il punto di vista del pipistrello. Sarebbe comunque impossibile per un essere umano «sapere come sia per un pipistrello essere un pipistrello.

 

Animali, come reagiscono all’inquinamento sensoriale?

La scelta di prendere come esempio il pipistrello e non un’altro animale è perché questo ha un apparato sensoriale diverso dal nostro. Abbastanza diverso da rendere chiaro il carattere irriducibilmente soggettivo dell’esperienza cosciente. Ovviamente non possiamo sapere cosa si prova ad essere un pipistrello, ma possiamo cercare di guardare il mondo attraverso altre prospettive diverse dalle nostre, soprattutto attraverso la nostra curiosità e immaginazione. Attraverso l’ecolocalizzazione, un pipistrello invece produce uno stimolo che raccoglie successivamente. E la difficoltà degli esseri umani nel comprendere questa percezione è che l’intera esperienza dell’essere un pipistrello definisce un ambiente a noi completamente estraneo.

Per chiarire la nozione di ambiente si utilizza la parola tedesca umwelt, introdotta nel campo della biologia e resa popolare dallo zoologo e filosofo estone Jakob von Uexküll nel 1909. È l’insieme delle possibilità percettive proprio di ogni singola specie e diverso da quello delle altre. È come se ogni animale fosse racchiuso nella propria bolla sensoriale ed è in grado di percepire solo una piccola parte del mondo che li circonda. Ad esempio l’obiettivo di una zecca è quello di succhiare il sangue di una persona e non pensa a nient’altro o forse molto probabilmente non lo conosce nemmeno. È un discorso che vale anche per gli esseri umani, che scambiano facilmente il proprio umwelt per tutto ciò che ci sia da sapere del mondo.

 

Migliorare la nostra conoscenza del mondo

Per quanto frustrante possa essere ogni nostro tentativo di comprendere l’umwelt di un pipistrello come quello di qualsiasi altra specie, è il solo modo che abbiamo per cercare di uscire dalle nostre bolle sensoriali e migliorare la nostra conoscenza del mondo. L’ecolocalizzazione può insegnarci davvero molto su altri metodi che gli animali usano per percepire l’ambiente circostante. I pipistrelli emettono ultrasuoni, cioè suoni a una frequenza troppo alta per essere uditi dagli esseri umani. Per farlo utilizzano i loro formidabili muscoli vocali ed emettono fino a 200 impulsi al secondo. Il sistema nervoso di un pipistrello è talmente sensibile da permettere di rilevare ritardi nell’eco nell’ordine di appena 1 o 2 milionesimi di secondo, che si traduce in una distanza fisica inferiore a un millimetro.

Il più importante punto debole dei pipistrelli è la portata. Alcune specie possono rilevare la presenza di un insetto distante fino a nove metri ma non oltre. I suoni prodotti dai cetacei hanno invece una frequenza molto bassa: si trovano all’estremità opposta dello spettro, rispetto ai richiami acuti dei pipistrelli, e possono percorrere notevoli distanze. Non è necessario capire esattamente cosa si provi a essere una balena o un pipistrello per comprendere cosa possa essere un’interferenza nei loro mondi sensoriali. Oltre a pensare ai danni causati dagli umani sul cambiamento climatico, sarebbe utile capire come gli esseri umani abbiano portato all’inquinamento sensoriale.

 

L’inquinamento sensoriale è colpa di noi esseri umani

Sembrerebbe che li abbiamo distratti da ciò che hanno effettivamente bisogno di percepire, abbiamo soffocato i segnali da cui dipendono e li abbiamo attirati in trappole sensoriali, e questo può avere conseguenze catastrofiche sugli ecosistemi. Un altro rilevante fattore di inquinamento sensoriale è quello acustico. Secondo uno studio condotto e pubblicato nel 2019, l’attività umana è responsabile di un cospicuo aumento dei livelli di rumore di fondo nelle aree protette come i parchi nazionali. Gli aerei e le strade sono le fonti di inquinamento acustico più diffuse, ma altre fonti sono l’estrazione di gas e petrolio e altre attività che prevedono trivellazioni, esplosioni o altre azioni rumorose. Ci sono animali che si sono adattati a molte forme di inquinamento sensoriale e hanno cambiato comportamenti sia nel corso della vita individuale che nel corso di molte generazioni.

Alcuni ragni nelle città hanno cominciato a costruire ragnatele sotto i lampioni per intrappolare più insetti. E negli stessi ambienti alcune falene si sono evolute per essere meno attratte dalla luce. Tuttavia per molte specie che maturano e si riproducono più lentamente l’adattamento non è possibile, o non può essere abbastanza rapido da tenere il passo con i livelli crescenti di inquinamento luminoso e acustico.

Foto di Giani Pralea da Pixabay