Grazie ad una scoperta che un giorno potrebbe giovare alle persone che soffrono di lesioni cerebrali traumatiche, morbo di Alzheimer e schizofrenia, i ricercatori del Southwestern Medical Center dell’Università del Texas hanno identificato le caratteristiche di più di 100 neuroni sensibili alla memoria che svolgono un ruolo ruolo centrale nel modo in cui i ricordi vengono richiamati nel cervello. Lo studio a questo proposito è stato pubblicato sulla rivista NeuroImage.
Secondo Bradley Lega, professore associato di Chirurgia Neurologica, Neurologia e Psichiatria all’università, queste scoperte potrebbero puntare a nuove terapie di stimolazione cerebrale profonda per altre malattie e lesioni cerebrali. “Questo getta una luce importante sulla domanda: ‘Come fai a sapere che stai ricordando qualcosa del passato invece di sperimentare qualcosa di nuovo che stai cercando di ricordare?’“, ha spiegato.
La scoperta più significativa è stata che l’innesco si verifica in momenti diversi rispetto ad altre attività cerebrali, quando vengono recuperati i ricordi. Questa leggera differenza di tempo, chiamata “sfasamento”, non è stata segnalata prima negli esseri umani. Insieme, questi risultati spiegano come il cervello può “rivivere” un evento, ma anche monitorare se la memoria è qualcosa di nuovo o qualcosa di precedentemente codificato.
Neuroni identificati
Lo studio ha identificato 103 neuroni sensibili alla memoria nell’ippocampo del cervello e nella corteccia entorinale che aumentano il loro tasso di attività quando la codifica della memoria ha successo. Lo stesso schema di attività ritornava quando i pazienti cercavano di richiamare questi stessi ricordi, specialmente quelli altamente dettagliati.
Questa attività nell’ippocampo può avere rilevanza per la schizofrenia perché la disfunzione dell’ippocampo è alla base dell’incapacità degli schizofrenici di decifrare tra ricordi e allucinazioni o deliri. I neuroni identificati dal dott. Le Lega sono un pezzo importante del puzzle per spiegare perché questo accade.
Modello in conferma
Un’opportunità per saperne di più sulla memoria umana è nata da interventi chirurgici in cui gli elettrodi impiantati nel cervello di pazienti con epilessia per mappare le loro crisi epilettiche potrebbero essere utilizzati anche per identificare i neuroni coinvolti nella memoria. In questo studio, 27 pazienti con epilessia a cui sono stati impiantati elettrodi presso l’UT Southwestern e un ospedale della Pennsylvania hanno partecipato a compiti di memoria per generare dati per la ricerca sul cervello.
L’analisi dei dati non lo dimostra in modo definitivo, ma aggiunge nuova credibilità all’importante modello di memoria chiamato Separate Phases in Encoding and Retrieval che gli scienziati hanno sviluppato da studi sui roditori. “Questo non era mai stato stabilito. Una cosa è avere un modello; un’altra cosa è mostrare le prove che questo è ciò che sta accadendo agli umani”, ha detto Lega.
Il modello SPEAR, che prevede lo “sfasamento” riportato nello studio, è stato sviluppato per spiegare come il cervello può tenere il passo con le vecchie e le nuove esperienze quando è coinvolto nel recupero della memoria. In precedenza, l’unica prova a sostegno di SPEAR proveniva da modelli di roditori.