Un nuovo studio indica che, come molti umani, un’iniezione di caffeina aiuta le api a rimanere più concentrate e a svolgere il lavoro in modo più efficiente. Quando le api si tuffano nei campi per trovare cibo, il loro corpo peloso afferra il polline che si disperde quando visitano i fiori successivi. Inoltre, spesso si perdono dai campi agricoli quando esaminano i fiori di campo.
Durante la ricerca volta a porre fine a questo problema, il team si è reso conto che nutrire le api con caffeina e, allo stesso tempo, esporle a uno specifico aroma floreale, le incoraggia a cercare quell’odore quando lasciano il nido. Le api che ingeriscono caffeina visitano i fiori profumati più rapidamente e spesso di quelle che non lo fanno.
I risultati possono essere applicati all’agricoltura industriale per addestrare le api a concentrarsi sulla strada giusta, sottolinea il team in uno studio pubblicato sulla rivista Current Biology.
La ricerca
L’esperimento prevedeva la creazione di tre gruppi di api. A uno è stata data acqua zuccherata, caffeina e un forte profumo di fiori di fragola. Un altro ha ricevuto pura acqua zuccherata e il solo odore, e un altro ha ricevuto solo acqua zuccherata. Ogni gruppo è stato liberato dal proprio alveare in un “campo” di laboratorio con fiori robotici.
Le api che hanno ingerito caffeina hanno mostrato una chiara preferenza per i fiori finti di fragola, con il 70,4% di loro che ha visitato immediatamente i fiori di destinazione. Solo il 60% delle api prive di caffeina ma stimolate dall’odore è andato direttamente alle fragole di plastica e le api che non hanno ricevuto né caffeina né l’odore stimolante hanno visitato i fiori di fragola più lentamente. Le api esposte alla caffeina e all’odore hanno formato una “associazione super forte” tra i due, afferma lo studio.
Jessamyn Manson, uno degli autori dello studio, sottolinea che qualunque sia l’applicazione industriale a cui le nuove scoperte potrebbero portare, l’uso della caffeina come stimolante è particolarmente rivelatore. Gli esseri umani cercano attivamente la caffeina, “e spero che lo facciano anche gli impollinatori”, conclude il ricercatore.