
Senza una data precisa di fondazione, ma eretta nel periodo compreso tra il 600 e il 280 a.C., Civita di Bagnoregio – conosciuta anche affettuosamente con il soprannome di “Città che muore” – lotta ancora oggi per sopravvivere.
Arroccato su una rupe in provincia di Viterbo, 120 chilometri a nord della capitale, il piccolo comune – lungo appena 152 metri per 91 metri di larghezza – lotta per diventare Patrimonio dell’Umanità dell’UNESCO – un titolo che può garantire visibilità e tutela obbligatoria, garantendo conservazione locale.
Cambiamenti drastici
Secoli fa, la città era collegata ad altri villaggi. Ma millenni di calamità naturali, come frane, terremoti ed erosione, hanno drasticamente ridotto e alterato i dintorni di Civita di Bagnoregio. Le fondamenta del terreno sono costituite da una miscela instabile di argilla e rocce vulcaniche. Questo rende il luogo fragile e suscettibile a piccole variazioni geologiche.
La principale fonte di reddito di Civita di Bagnoregio è il turismo. Nel 2019, la città ha ricevuto circa un milione di visitatori. Con la pandemia di Covid-19, tuttavia, l’attività economica è stata paralizzata, il che ha influito anche sulla conservazione locale.
I funzionari sperano che il processo di candidatura e l’eventuale approvazione come Patrimonio dell’Umanità porti visibilità e mantenga Civita di Bagnoregio in cima alla roccia sulla quale è meravigliosamente incastonata per ancora qualche migliaio di anni.