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Ci siamo, siamo ormai in autunno, le giornate si accorciano e l’ora legale ha ormai accentuato il fatto che si faccia buio presto. Per alcuni di noi tutto ciò può rappresentare un trauma, portandoci a soffrire di quello che è conosciuto come disturbo affettivo stagionale (Seasonal Affective Disorder – SAD). Si tratta di un tipo di disturbo che ai cambi di stagione, in particolare con l’arrivo dell’autunno, scatena ansia, irritabilità, depressione, stanchezza, mal di testa e insonnia in oltre tre milioni di italiani, soprattutto donne fra i 20 e i 40 anni.

 

Il disturbo stagionale affettivo

Mentre alcune persone lo sperimentano in estate, è più spesso associato all’inverno. Gli scienziati non comprendono completamente le cause del SAD, ma ipotizzano che sia collegato al rapporto che i neurotrasmettitori hanno con la luce solare e una sovrapproduzione di melatonina.

Per questo disturbo poco conosciuto, sono poco chiare e anche poco studiate le possibili cure o gli stili di vita che potrebbero alleviare il disturbo. Tra le potenziali misure preventive proposte dagli scienziati, vi è qualcosa che davvero amiamo molto, il cibo.

Ci sono diversi studi secondo i quali alcuni cibi specifici alleviano “la tristezza invernale”. Ma è difficile stabilire con certezza la veridicità e la fisiologia dietro queste affermazioni. Di certo non ci sono evidenze scientifiche, al momento, che qualche cibo in particolare possa portare alla guarigione completa dal disturbo, ma di certo una corretta alimentazione può essere di aiuto.

 

L’effetto di alcuni cibi sulla nostra salute mentale: la dieta mediterranea è un toccasana

Michael Berk, professore alla Deakin University in Australia, ha condotto una ricerca possibile impatto terapeutico che i cambiamenti nella dieta possono avere sulla depressione, da moderata a grave. Secondo il suo studio, denominato “SMILEs”, la dieta è una strategia utile ed altri tre studi indipendenti hanno replicato con successo i suoi risultati. Anche se lo stesso Berk afferma che non esiste un supercibo o integratore che risolverà questo problema. Le prove non indicano questo. Piuttosto si tratta di adottare in toto una dieta sana”.

Lo studio SMILEs si è basato su una dieta mediterranea modificata, in cui i cibi sono stati divisi in 12 gruppi di alimenti chiave. Tra questi vi sono i macrogruppi di verdure, pesce e olio d’oliva. Mentre nel gruppo degli alimenti “extra” sono state inserite, ad esempio, le carni lavorate e le bevande zuccherate e l’alcool. Il consumo di tutti i cibi inclusi nel gruppo extra, era consentito soltanto tre volte alla settimana.

La scelta dei ricercatori di adottare la dieta mediterranea non è stata affatto casuale. Studi precedenti infatti avevano già suggerito che la nostra amata dieta nazionale, potesse proteggere contro lo sviluppo di sintomi depressivi, soprattutto nelle persone anziane. Berk ritiene che in alternativa alla dieta mediterranea, sono ugualmente salutari per il nostro benessere psicofisico, anche la dieta norvegese e quella giapponese. Queste tre tipologie di dieta infatti, prediligono tutte l’uso di cibi freschi, poco zucchero e tante verdure.

 

Tra i cibi più salutari vi sono, come era prevedibile, le verdure

La nostra dieta infatti riconosce il ruolo importante delle verdure. Ad esempio, come spiega Kathleen Holton professoressa associata presso la American University e neuroscienziata nutrizionale, le verdure a foglia verde sono un’ottima fonte di più micronutrienti e sono “molto utili per prevenire la depressione grazie al loro apporto di folato e di vitamina C.

L’assunzione di micronutrienti è essenziale per una salute mentale ottimale perché vitamine e minerali servono come cofattori importanti nella produzione di neurotrasmettitori. Inoltre, sempre secondo la professoressa Holton, i cibi ricchi in magnesio, come semi, noci, salmone e grano saraceno, sono utili per contrastare l’ansia.

 

Verso studi più specifici nella correlazione tra dieta e salute mentale

Insomma la bibliografia scientifica on favore di un collegamento tra cibi, dieta e salute mentale, è in continuo aumento. Ma tra tutti questi studi, sono pochi quelli che in maniera specifica affrontano la relazione tra cibi e SAD.

Al momento dunque non ci sono prove sufficienti per poter affermare che una particolare alimentazione o un cibo particolare possano coadiuvare altre terapie nel trattamento della SAD. Ma secondo Berk, l’interesse dei ricercatori in questo senso è in aumento, presto dunque potrebbero esserci nuovi sviluppi.

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