Nel Regno Unito, circa la metà del turismo si svolge nelle regioni costiere, ma con il riscaldamento globale che aumenterà il livello del mare di circa due metri nei prossimi 80 anni, come sarà il rapporto con la costa in futuro?
Nick Davies, un ricercatore presso l’Università di Salford, e David Jarratt, dell’Università del Lancashire Central, hanno risposto a questa domanda con tre possibili scenari.
Il nostro rapporto con il mare, in futuro
La prima ipotesi si riduce a tre parole: fluttuare sul posto. L’innalzamento del livello del mare è visto da molti come una minaccia lontana, ma ci sono già molti resort che pensano ai piani B. Sull’isola di Barbuda, diversi hotel hanno costruito pali su pali. Qualunque sia la strategia, l’obiettivo è lo stesso: mantenere il turismo vitale nello stesso luogo, riducendo al minimo i danni causati dai livelli d’acqua più elevati.
Seasteading è una risposta: costruire installazioni su piattaforme in mare. In considerazione dello spazio costiero sempre più ridotto per i turisti, la creazione di nuovi spazi in mare può essere un modo per affrontare il problema ambientale.
La seconda strategia si basa sul vecchio detto “se la montagna non va a Maometto, Maometto va alla montagna” – cioè, portaci la spiaggia! La verità è che il concetto di spiaggia urbana, che prevede la creazione di aree sabbiose nelle città, sta crescendo. Che si tratti di questo percorso o della costruzione di piscine artificiali, la verità è che ci sono opzioni in grado di accontentare l’intera famiglia, dal più giovane al più adulto.
Questa soluzione ha un grande vantaggio per l’ambiente, poiché fare meno viaggi significa meno emissioni di carbonio. La spiaggia urbana Paris Plage, in Francia, è stata aperta nel 2002 e, da allora, diversi parigini e turisti hanno potuto rilassarsi sotto le palme sulle rive della Senna.
Infine la ricostruzione dell’intera costa. “Forse la soluzione più pragmatica è accettare che la natura faccia il suo corso e rinunciare al controllo mentre l’ascesa del mare rimodella il terreno“, hanno scritto gli autori.
Inoltre, sottolineano che esempi da Hong Kong, dalla Spagna e dall’isola britannica Wallasea dimostrano che la trasformazione delle aree costiere in nuovi habitat può creare nuove opportunità per la fauna selvatica e persino per le persone.