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52 milioni di anni fa vivevano degli uccelli che sono gli antenati dei moderni emu, parenti anche dei struzzi e kiwi, specie particolari che a differenza di altri volatili non sono in grado di volare. Si chiamano casuari e hanno una particolarità affascinante, delle piume uniche. Il loro piumaggio era caratterizzato da un nero lucente.

Le parole di Chad Eliason, scienziato presso il Field Museum e ricercatore che ha preso in esame una serie di piume fossili: “Quando stiamo pensando a come fossero i primi uccelli, è importante studiare entrambe queste due discendenze sorelle che si sarebbero ramificate da un antenato comune circa 80 milioni di anni fa.”

L’altra autrice dello studio, Julia Clarke: “Comprendere gli attributi di base, come il modo in cui i colori vengono generati, è qualcosa che spesso diamo per scontato negli animali viventi. Sicuramente, pensiamo, dobbiamo sapere tutto quello che c’è da sapere? Cosa rende i casolari così splendenti? Eliason ha trovato un meccanismo alla base di questo splendore che non è stato descritto negli uccelli. Questo tipo di osservazioni sono fondamentali per capire come si evolve il colore e informano anche sul modo in cui pensiamo alle specie estinte.”

 

Uccelli preistorici e la loro bellezza

A differenza che nell’uomo, il colore negli uccelli non arriva sono dai pigmenti naturali come la melanina, ma anche la lucentezza influisce particolarmente. A seconda di come la luce colpisce il piumaggio, l’effetto è molto diverso. A seconda della forma delle matrici di melanomi e di altre strutture, si possono creare schemi impressionanti. I colori che si sono visti nei casuari si sono visti solo in un altro gruppo assai più piccolo di volatili.

Il colore strutturale visto di questi uccelli preistorici è unico. “Puoi guardare una lastra fossile e vedere uno schema di dove erano le loro piume, perché in un certo senso vedi la macchia nera di melanina che è rimasta, anche dopo circa 50 milioni di anni. Abbiamo rimosso piccoli fiocchi di fossile dalle macchie scure della melanina, quindi abbiamo usato i microscopi a scansione elettronica per cercare i resti di melanosomi conservati”.