Gli scienziati hanno sviluppato piante che brillano in modo sostenibile per tutto il loro ciclo di vita usando i geni di un fungo bioluminescente. Queste piante bioluminescenti sono un miglioramento rispetto ai tentativi precedenti, poiché sono più luminose, non hanno bisogno di essere alimentate con sostanze chimiche per mantenere questa caratteristica e anche la durata della lucentezza è più lunga.
I ricercatori affermano che questo potrebbe rivelarsi non solo una nuova forma di decorazione, ma anche un nuovo modo di esplorare il funzionamento interno delle piante. “In futuro, questa tecnologia potrebbe essere utilizzata per visualizzare le attività di diversi ormoni all’interno delle piante durante la loro vita utile in diversi tessuti, in modo assolutamente non invasivo. Può anche essere usato per monitorare le risposte delle piante a vari stress e cambiamenti nell’ambiente, come siccità o lesioni causate da erbivori”, spiega Karen Sarkisyan, CEO di Planta, la startup responsabile del lavoro e ricercatrice presso l’Imperial College.
Lo studio
I ricercatori, il cui studio è stato pubblicato sulla rivista scientifica Nature Biotechnology, hanno lavorato con due specie di piante di tabacco. E, a differenza dei precedenti tentativi, che utilizzavano batteri bioluminescenti o DNA lucciola, queste piante sono state sviluppate usando quattro geni di un fungo bioluminescente chiamato Neonothopanus nambi.
Il risultato sono state piante che brillano con una tinta verdastra visibile ad occhio nudo, sia “al buio che alla luce del giorno“, afferma Sarkisyan. Il team ha anche scoperto che la posizione della luminescenza cambiava man mano che le piante crescevano, generalmente diminuiva con l’invecchiamento delle foglie e aumentava dove le foglie venivano danneggiate.
In futuro, il team sarà in grado di inserire i geni fungini nel DNA della pianta, vicino ai geni che sono stati attivati da alcuni ormoni. “Dovremmo essere in grado di vedere la luce solo nei tessuti in cui l’ormone è attualmente attivo“, spiega il ricercatore.
