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Generalmente i mari e gli oceani sono ogni anno più sfruttati dei precedente. Si pesca più di quanto le specie riescono a riprodursi e alla lunga questa causerà enormi danni, ovviamente. Finché si tratta però di pescare con lo scopo di mangiare, il discorso viene comunque un po’ sottostimato, ma c’è un altro aspetto che andrebbe preso più in considerazione. Si tratta della pesca sportiva e anche quella in generale per divertimento, quindi non con un diretto scopo di sopravvivenza.

Secondo uno studio portato avanti dall’Università dell’Australia occidentale, il volume di pesce pescato per questo scopo si è triplicato nell’ultimo decennio rispetto a 60 anni fa. La ricerca si è basata sulla quantità di pesce pescato annualmente da 125 paesi diversi. Alcuni dati invece sono stati presi facendo uno stima globale basandosi, per esempio, sul numero di pescatori ricreativi con licenza esistenti.

 

La pesca sportiva

Il risultato dello studio in questione? Apparentemente si parla di 900.000 tonnellate di pesce pescato solamente nel 2014. Negli anni ’50 la media annuale era di 280.000. Questi numeri vanno anche a dividersi su singole specie rendono alcuni dati ancora più preoccupanti di quelli che sono già così.

Le specie più ricercate per questo genere di pesca sono gli squali e le razze le quali hanno visto una crescita nella pesca molto più rapida dei normali pesci. Rappresentano il 6% di tutto il pescato. Se da un lato molti di questi pescatori è vero che rilasciano l’animale catturato, spesso questi poi non sopravvivano una volta liberi. Uno studio sugli squali martello aveva sottolineato come con questa specie succedeva nella maggior parte dei casi.