
Nel cuore del nostro cervello c’è una minuscola ghiandola, lunga appena 5-8 millimetri, ma protagonista di secoli di miti, credenze e – oggi – speculazioni. È la ghiandola pineale, regolatrice dei ritmi circadiani grazie alla produzione di melatonina, ma da sempre considerata da filosofi, mistici e pseudoscienziati come “il terzo occhio”, un portale verso dimensioni superiori.
Parallelamente, sopra le nostre teste, la scienza lavora nel silenzio dello spazio. A bordo del prossimo spazioplano Dream Chaser, la NASA e aziende come Merck sperimentano la formazione di cristalli in microgravità, con l’obiettivo di creare farmaci più puri e mirati, persino auto-iniettabili, per la cura di tumori e altre patologie gravi.
La ghiandola pineale: più mitologia che biologia?
Per secoli si è creduto che la pineale fosse la sede dell’anima. Da Galeno a Cartesio, è stata oggetto di teorie filosofiche e religiose. Oggi sappiamo che la sua funzione principale è endocrina, ma resta in parte sconosciuta. Ed è proprio da qui che nascono teorie che la legano alla spiritualità, alla percezione extrasensoriale, persino alle cospirazioni legate al fluoro o al 5G.
Queste letture alternative trovano terreno fertile nell’ansia contemporanea verso la tecnologia e nel desiderio di attribuire significati profondi a ciò che la scienza ancora non spiega del tutto.
Cristalli spaziali: la fantascienza diventa cura
Nel frattempo, mentre alcuni guardano dentro sé stessi alla ricerca di dimensioni invisibili, la scienza guarda verso lo spazio per creare strumenti tangibili. I cristalli sviluppati in orbita sono più ordinati e stabili di quelli sulla Terra. Questo potrebbe rivoluzionare la produzione di farmaci, permettendo terapie personalizzate più efficaci e con meno effetti collaterali.
La medicina del futuro, insomma, potrebbe arrivare dallo spazio e non da qualche centro energetico interiore.
Tra fede e evidenza: il ruolo della conoscenza
Che si tratti della ghiandola pineale o di cristalli orbitanti, ciò che emerge è la tensione tra ciò che vogliamo credere e ciò che possiamo dimostrare. La scienza non cancella il mistero, ma lo traduce in ricerca, osservazione e scoperta. Forse è questo il vero “terzo occhio”: la capacità di vedere oltre, senza smettere di porci domande.
Foto di Okan Caliskan da Pixabay