
C’è chi la definisce “l’opposto dell’autismo”. La sindrome di Williams (WS) è una rara condizione genetica che trasforma ogni incontro in un potenziale abbraccio, ogni volto sconosciuto in un possibile amico. Ma dietro questa esplosione di empatia si nascondono fragilità, isolamento e vulnerabilità.
Una cordialità fuori scala
Colpisce circa 1 persona su 7.500. Le persone con sindrome di Williams sono estremamente socievoli, affettuose e comunicative: trattano gli estranei come migliori amici, spesso con un candore disarmante. Una qualità che può sembrare incantevole, ma che le espone a gravi rischi: manipolazione, bullismo, abusi.
“Si donano a chiunque senza pregiudizi, ed è questo che le rende vulnerabili”, spiega Alysson Muotri, professore all’Università della California.
Le difficoltà dietro il sorriso
Chi è affetto da WS fatica a costruire relazioni profonde e durature. Spesso non percepisce segnali di pericolo, si fida facilmente e tende a isolarsi, paradossalmente, nonostante l’apparente estroversione. Inoltre, vivere in modo indipendente è raro, e l’ansia accompagna molti adulti con la sindrome.
Una questione genetica
Il problema nasce da una microdelezione del cromosoma 7, che priva il corpo di circa 25-27 geni, tra cui ELN, responsabile della produzione di elastina (proteina fondamentale per l’elasticità dei tessuti). Questo provoca complicazioni cardiovascolari, ritardi nello sviluppo e difficoltà cognitive.
Un cervello iperconnesso?
Secondo uno studio del 2016 condotto da Muotri, i neuroni dei bambini con sindrome di Williams formano molte più connessioni del normale. Più sinapsi, più ramificazioni, più “ponti” cerebrali.
“Pensiamo che la corteccia frontale formi più connessioni con le aree del cervello che rilasciano dopamina, la molecola della ricompensa.”
Così, vedere un volto nuovo può generare un’immediata sensazione di piacere, come se ogni incontro fosse una piccola festa chimica.
Quando la gentilezza diventa eccesso
Muotri sottolinea come la WS offra una chiave preziosa per comprendere l’evoluzione della socialità umana. La fiducia, la gentilezza e la cooperazione sono alla base della sopravvivenza della nostra specie, ma l’equilibrio è cruciale:
“Essere troppo amichevoli non è positivo, ma neanche esserlo troppo poco lo è. L’evoluzione ha regolato l’espressione di questi geni per mantenere la socialità entro limiti funzionali.”
Una finestra sull’umano
La sindrome di Williams mostra cosa accade quando l’empatia supera le barriere evolutive della diffidenza. Un esperimento genetico naturale che, pur nel suo dolore, ci aiuta a riflettere su quanto sia prezioso – e delicato – l’equilibrio tra fiducia e protezione, tra apertura e prudenza.
Un promemoria che, nell’era della connessione costante, la vera umanità potrebbe risiedere proprio nel giusto mezzo.