
Chi ha vissuto da vicino l’esperienza dell’Alzheimer lo sa: la malattia sembra portare via ogni cosa. Ricordi, parole, volti. Eppure, secondo una nuova ricerca, non tutto viene cancellato. Una parte profonda e preziosa dell’essere umano resta viva: l’empatia.
Secondo uno studio pubblicato su Alzheimer’s & Dementia, le persone con Alzheimer mantengono la capacità di sentire le emozioni degli altri, anche quando non riescono più a comprenderle razionalmente o a esprimersi in modo coerente.
Il paradosso della mente: quando l’empatia cresce nella demenza
La ricerca, condotta dall’University College London e sostenuta da Wellcome, ha analizzato i dati di 28 studi internazionali su oltre 2.400 persone con diagnosi di lieve deterioramento cognitivo (MCI) o demenza.
Il risultato sorprendente? Chi è nelle fasi più avanzate dell’Alzheimer mostra un livello più alto di empatia emotiva rispetto a chi si trova in stadi iniziali del declino cognitivo.
Non riconoscono più i volti, né colgono le intenzioni degli altri, ma sentono ancora le emozioni.
Emozioni più intense, soprattutto quelle negative
Uno degli aspetti più toccanti dello studio è che le persone con Alzheimer reagiscono più intensamente alle emozioni negative. Secondo i ricercatori, questo potrebbe essere dovuto al fatto che, perdendo capacità cognitive, diventano più vulnerabili e sensibili agli stimoli emotivi.
“Sono ancora qui”, sembra dire quella parte di loro che sente dolore, gioia, tristezza o rabbia, anche se non riesce più a comunicarlo come prima.
Un nuovo approccio alla cura: partire dall’empatia
Questa scoperta potrebbe cambiare il modo in cui ci prendiamo cura delle persone con Alzheimer. I ricercatori sottolineano che l’empatia emotiva può diventare uno strumento chiave per mantenere vive le relazioni sociali e migliorare la qualità della vita, anche nelle fasi più gravi della malattia.
“Le famiglie e i caregiver devono essere supportati per riconoscere e valorizzare ciò che resta, non solo ciò che si perde”, afferma il primo autore Puyu Shi.
Verso diagnosi più precoci e più umane
Ogni anno vengono diagnosticati 10 milioni di nuovi casi di demenza, la maggior parte legati all’Alzheimer. Ma il 75% delle persone che ne sono affette non ha mai ricevuto una diagnosi formale. Serve maggiore consapevolezza e strumenti migliori per individuare precocemente i segni del declino cognitivo sociale.
E soprattutto, serve un nuovo sguardo: uno sguardo che sappia riconoscere l’umanità che resta, anche quando la memoria sbiadisce.
L’Alzheimer porta via molte cose, ma non spegne il cuore emotivo delle persone. L’empatia — quel ponte invisibile tra le anime — resta lì, come una luce fioca ma persistente. Sta a noi riconoscerla, custodirla e usarla per costruire nuove forme di comunicazione e cura.