Alzheimer empatia rimane
Foto di KOMMERS su Unsplash

Chi ha vissuto da vicino l’esperienza dell’Alzheimer lo sa: la malattia sembra portare via ogni cosa. Ricordi, parole, volti. Eppure, secondo una nuova ricerca, non tutto viene cancellato. Una parte profonda e preziosa dell’essere umano resta viva: l’empatia.

Secondo uno studio pubblicato su Alzheimer’s & Dementia, le persone con Alzheimer mantengono la capacità di sentire le emozioni degli altri, anche quando non riescono più a comprenderle razionalmente o a esprimersi in modo coerente.

Il paradosso della mente: quando l’empatia cresce nella demenza

La ricerca, condotta dall’University College London e sostenuta da Wellcome, ha analizzato i dati di 28 studi internazionali su oltre 2.400 persone con diagnosi di lieve deterioramento cognitivo (MCI) o demenza.

Il risultato sorprendente? Chi è nelle fasi più avanzate dell’Alzheimer mostra un livello più alto di empatia emotiva rispetto a chi si trova in stadi iniziali del declino cognitivo.

Non riconoscono più i volti, né colgono le intenzioni degli altri, ma sentono ancora le emozioni.

Emozioni più intense, soprattutto quelle negative

Uno degli aspetti più toccanti dello studio è che le persone con Alzheimer reagiscono più intensamente alle emozioni negative. Secondo i ricercatori, questo potrebbe essere dovuto al fatto che, perdendo capacità cognitive, diventano più vulnerabili e sensibili agli stimoli emotivi.

“Sono ancora qui”, sembra dire quella parte di loro che sente dolore, gioia, tristezza o rabbia, anche se non riesce più a comunicarlo come prima.

Un nuovo approccio alla cura: partire dall’empatia

Questa scoperta potrebbe cambiare il modo in cui ci prendiamo cura delle persone con Alzheimer. I ricercatori sottolineano che l’empatia emotiva può diventare uno strumento chiave per mantenere vive le relazioni sociali e migliorare la qualità della vita, anche nelle fasi più gravi della malattia.

“Le famiglie e i caregiver devono essere supportati per riconoscere e valorizzare ciò che resta, non solo ciò che si perde”, afferma il primo autore Puyu Shi.

Verso diagnosi più precoci e più umane

Ogni anno vengono diagnosticati 10 milioni di nuovi casi di demenza, la maggior parte legati all’Alzheimer. Ma il 75% delle persone che ne sono affette non ha mai ricevuto una diagnosi formale. Serve maggiore consapevolezza e strumenti migliori per individuare precocemente i segni del declino cognitivo sociale.

E soprattutto, serve un nuovo sguardo: uno sguardo che sappia riconoscere l’umanità che resta, anche quando la memoria sbiadisce.

L’Alzheimer porta via molte cose, ma non spegne il cuore emotivo delle persone. L’empatia — quel ponte invisibile tra le anime — resta lì, come una luce fioca ma persistente. Sta a noi riconoscerla, custodirla e usarla per costruire nuove forme di comunicazione e cura.

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