C’è una sindrome che viene spesso e volentieri definita stanchezza cronica a causa dei sintomi, ma il cui nome è encefalomielite mialgica. Si tratta di una patologia che al momento colpisce decine di milioni di persone dal mondo, tra diagnosi e persone che neanche lo sanno. Secondo una nuova ricerca, nei prossimi anni potrebbero tranquillamente raddoppiare a causa di una serie di fattori diversi.
Lo studio fa riferimento soprattutto a un aspetto ovvero mette sullo stesso piano proprio la sindrome della stanchezza cronica rispetto al Long Covid-19. Se clinicamente parlando l’EM prevede una sensazione di affaticamento che dura diversi mesi, anche il Lungo Covid lascia degli strascichi molto simili il che potrebbe, erroneamente, far sembrare un aumento dei casi della prima patologia. Non si parla di una semplice diagnosi superficiali, ma andando ad analizzare il sangue di individui con una o l’altra sindrome sono stati trovati biomarcatori uguali.
La pandemia di stanchezza cronica
L’aspetto in comune è la presenza di una proteina chiamata C4a nei casi di persone con immunodeficienze. Nei casi di individui senza quest’ultime invece c’è una presenza maggiore della LBP. Questo scoperta è importante per poter migliorare i trattamenti per la stanchezza cronica.
Le parole dei ricercatori dell’Università di Medicina di Vienna: “I pazienti affetti da immunodeficienze sono caratterizzati da una funzione immunitaria innata alterata. Nei pazienti ME/CFS con un sistema immunitario intatto, la funzione della barriera intestinale era ridotta. L’uso di metodi di rilevamento standardizzati è necessario per tradurre rapidamente la ricerca in ambito clinico. Ciò garantisce la definizione di approcci orientati dal banco al letto del paziente per rendere la diagnosi e il trattamento della ME/CFS basati sull’evidenza generalmente disponibili per i pazienti”.