
In ogni grande evento sportivo su pista – che si tratti di atletica, ciclismo o perfino gare equine – gli atleti corrono sempre nello stesso verso: da sinistra verso destra, cioè in senso antiorario. Una consuetudine così consolidata che raramente ci si ferma a domandarsi perché. Dietro questo dettaglio apparentemente marginale si cela, in realtà, un intreccio affascinante di scienza, storia, neurologia e praticità.
La spiegazione storica: un’eredità (quasi) accidentale
Secondo alcune fonti, già nell’antica Grecia gli atleti correvano in senso antiorario. I Romani adottarono lo stesso orientamento per le corse dei carri, almeno fino a quando – racconta la leggenda – un auriga colpì accidentalmente l’imperatore Nerone con la frusta, scatenando una punizione esemplare e l’inversione del senso di gara.
Ma la storia da sola non basta a spiegare una regola tanto universale. Se fosse solo questione di tradizione, perché alcuni sport nati in contesti diversi (come il baseball) seguono comunque lo stesso schema?
Corpo umano e neuroscienza: il lato destro domina
Una delle teorie più accreditate riguarda la dominanza laterale: circa il 90% delle persone è destrimano. Quando un atleta corre in curva verso sinistra, la gamba esterna (cioè la destra) spinge di più, garantendo maggiore equilibrio e potenza. È una differenza sottile ma significativa, soprattutto per prestazioni ad alto livello.
Uno studio pubblicato su Neuroscience Letters ha mostrato che, lasciati liberi di scegliere, gli individui tendono naturalmente a girare in senso antiorario. È una preferenza istintiva che si manifesta anche camminando in uno spazio aperto, senza stimoli esterni. Il nostro cervello, insomma, predilige quella direzione.
Effetto Coriolis: realtà o suggestione?
Qualcuno tira in ballo l’effetto Coriolis, ovvero la forza apparente generata dalla rotazione terrestre che, nell’emisfero nord, influenza la direzione dei fluidi. Sebbene l’effetto sia scientificamente reale, la sua incidenza sulla performance umana in pista è pressoché nulla. Tuttavia, resta un’ipotesi curiosa che affascina chi cerca spiegazioni cosmiche a comportamenti umani.
Anche l’occhio vuole la sua parte: lo spettacolo antiorario
C’è poi il fattore spettatori. Nelle culture occidentali, abituate a leggere da sinistra verso destra, vedere un atleta correre “da sinistra a destra” risulta più naturale e intuitivo. Questo rende la visione più scorrevole e comprensibile, migliorando l’esperienza del pubblico.
Standardizzare per gare più giuste
Infine, c’è un’esigenza pratica: la necessità di standardizzare. Stabilire una direzione unica consente confronti equi tra atleti di tutto il mondo. Invertire il senso, magari in base all’emisfero, creerebbe confusione e potenziali vantaggi localizzati. Uniformare, quindi, significa anche garantire la parità delle condizioni.
Correre in senso antiorario non è solo una scelta storica o scenografica: è una direzione che il nostro corpo, la nostra mente e persino il nostro sguardo sembrano preferire. E mentre gli atleti si sfidano contro il cronometro, corrono anche in armonia con una logica nascosta, ma profondamente radicata nella natura umana.