Sono ormai anni che si evidenzia il collegamento possibile tra quello che avviene nel nostro intestino, nello specifico tra i batteri, e poi quello che avviene nel cervello tanto da arrivare alla comparsa di patologie come il morbo di Parkinson. Un nuovo studio ha voluto sottolineare questo scenario andando a trovare dei microbi che vanno a influenzare la presenza di alcune sostanze fondamentali. Ci sarebbe una diminuzione di due vitamine B, nello specifico la B2, o riboflavina, e B7, biotina.
La diminuzione di queste vitamine ha un suo effetto importante. A sua volta avviene una diminuzione di acidi grassi a catena corta, o più semplicemente SCFA, e anche poliammine. La loro funzione è migliorare una tipologia di difesa dell’intestino, uno strato di muco. La diminuzione di quest’ultimo porta il sistema nervoso dell’organo a rimanere più esposto che è di fatto collegato al cervello. Da qui il collegamento con il morbo di Parkinson.
Dall’intestino al cervello: il morbo di Parkinson
Le parole dei ricercatori: “È probabile che l’integrazione di riboflavina e/o biotina sia benefica in un sottogruppo di pazienti con morbo di Parkinson, in cui la disbiosi intestinale svolge un ruolo fondamentale. Le carenze di poliammine e SCFA potrebbero portare all’assottigliamento dello strato di muco intestinale, aumentando la permeabilità intestinale, entrambi osservati nel morbo di Parkinson.”
Questa scoperta, se confermata ulteriormente, apre nuove possibilità di trattamento della malattia, ma anche di prevenzione della stessa. Come si dice sempre per il Parkinson, come per l’Alzheimer, curarlo al momento sembra sostanzialmente impossibile, ma si può agire per migliorare le diagnosi o addirittura capire la genesi per evitarla del tutto nelle future generazioni.