La fame, che spesso consideriamo un semplice bisogno fisiologico, sembra in realtà essere regolata da meccanismi neurologici più intricati di quanto pensassimo. Un recente studio della Rockefeller University ha portato alla luce un circuito cerebrale sorprendentemente semplice che sembra orchestrare sia il desiderio di mangiare che i movimenti necessari per farlo. Il sistema coinvolge appena tre gruppi di neuroni, ma ha un impatto significativo sull’appetito.
I tre livelli del controllo dell’appetito
Il processo comincia con neuroni specializzati che rilevano gli ormoni della fame, segnali chimici che indicano se il corpo ha bisogno di cibo o se è già sazio. Questi neuroni trasmettono poi l’informazione a un secondo gruppo in un’altra regione cerebrale, il quale, a sua volta, attiva un terzo set di neuroni situati nella mascella, responsabili dei movimenti di masticazione.
È stato dimostrato che manipolando questo sistema con una tecnica chiamata optogenetica, si può influenzare profondamente l’appetito: stimolando i neuroni BDNF (fattore neurotrofico derivato dal cervello), i topi perdevano quasi completamente interesse per il cibo, ignorando anche pietanze altamente appetibili. Viceversa, disattivando questi neuroni, gli animali mangiavano in maniera compulsiva, consumando il 1200% in più di cibo e compiendo movimenti di masticazione anche senza la presenza di cibo.
Una scoperta cruciale per combattere l’obesità
Il ruolo dei neuroni BDNF nella regolazione dell’appetito era già noto, ma questo studio offre una chiara connessione tra i livelli ridotti di questa proteina e l’obesità. Le lesioni ai neuroni BDNF sembrano essere determinanti per lo sviluppo di un comportamento alimentare alterato, creando un legame tra mutazioni genetiche e disfunzioni cerebrali responsabili dell’eccessivo consumo di cibo.
Jeffrey Friedman, coautore dello studio, afferma:
“Le evidenze raccolte dimostrano che l’obesità associata a queste mutazioni deriva dalla perdita di neuroni BDNF. I risultati unificano le conoscenze precedenti in un modello coerente di funzionamento cerebrale legato all’appetito.”
Possibili implicazioni umane
Sebbene il lavoro sia stato condotto sui roditori, è probabile che anche gli esseri umani abbiano un sistema neurologico simile per regolare la fame. Questo circuito cerebrale potrebbe inoltre essere influenzato da stati emotivi, come l’ansia o lo stress. Si è già osservato che lo stress può alterare l’appetito in entrambe le direzioni: portare a un consumo eccessivo o, al contrario, a una perdita di interesse per il cibo. Capire come funzionano questi sistemi potrebbe aprire nuove strade per trattamenti contro l’obesità o i disturbi alimentari.
Il futuro delle ricerche
Il team della Rockefeller University mira a studiare ulteriormente come questo circuito possa adattarsi o alterarsi in risposta a fattori emotivi e ambientali. L’obiettivo è esplorare se approcci terapeutici mirati a regolare questo sistema neurale possano essere usati per combattere l’obesità o disturbi dell’appetito come l’anoressia e il binge eating.
In sostanza, la scoperta non solo offre una spiegazione affascinante della fame, ma fornisce anche la possibilità concreta di intervenire su problemi alimentari attraverso la modulazione dei circuiti cerebrali responsabili.