Si tratta di una storia vecchia, ma che ha molto dell’attuale. Una storia che parla di razzismo, anche se non in modo diretto. Parla di persone nostalgiche che per sentirsi bene con loro stessi, o per far piacere a qualche amico retrogrado, si mettono a dipingere svastiche sui muri. Succedeva a Berlino, ma la novità era la risposta di un altro gruppo di persone, dipingersi sopra altro.
Non è un semplice occultamento, ma la svastica diventa la fondamenta per qualcosa di nuovo, da un gatto a un banale cubo di Rubik, da un coniglietto a una zanzara. Un movimento che aveva un nome, paint back, e il tutto partito per mano di Ibo Omari che aveva deciso di essere stanco di dover guardare tali oscenità. Con la bomboletta spray in mano ha reinventato l’odio in arte.
Arte e razzismo: la guerra alle svastiche
Se da un lato è vero il razzismo è un argomento sempre più polarizzante, e anche vero che si trovano sempre più persone disposte a combatterlo, questo valeva anche quattro anni fa. All’inizio c’era solo il suo paio di mani a combattere questa guerra sui muri di Berlino, antica capitale di un movimento che fa fatto suo un simbolo precedentemente di molte altre religioni e trasformandolo in altro. In poco tempo però ha trovato altri alleati.
Berlino è una città famosa per essere piena di writer quindi trovare aiutanti è stato immediato e semplice. In poco tempo ha dato la caccia a queste bestemmie storiche ripulendo, paradossalmente, le strade. C’è anche da dire che purtroppo qualche opera non è piaciuta, ma sempre meglio di banali svastiche prive di significato.