Questo coronavirus, prima di arrivare all’uomo, è mutato diverse volte. Senza tali mutazioni non ci sarebbe potuto essere l’iniziale passaggio e successivamente anche la trasmissione tra uomo e uomo. Detto questo, ci sono state anche diverse mutazioni avvenute nel corso dei mesi in cui è arrivato a noi.
L‘analisi di oltre 5.300 genomi ha evidenziato proprio tale scenario. Il filo conduttore dello studio indica che il virus si è evoluto in modo da diventare assai più contagioso dell’originale. Apparentemente, le mutazioni della proteina spike che sono avvenute non sono tra quelle più pericolose che potrebbero comparire.
Le parole di Martin Hibberd, professore di malattie infettive emergenti: “Questo è esattamente ciò che dobbiamo cercare. Le persone stanno facendo vaccini e altre terapie contro questa proteina di picco perché sembra un ottimo obiettivo. Dobbiamo tenerlo d’occhio e assicurarci che eventuali mutazioni non invalidino nessuno di questi approcci.”
L’adattamento del coronavirus
“Questo è un avvertimento precoce. Anche se queste mutazioni non sono importanti per i vaccini, potrebbero esserci altre mutazioni e dobbiamo mantenere la nostra sorveglianza in modo da non essere sorpresi dall’implementazione di un vaccino che funziona solo contro alcuni ceppi”.
Le differenze evolutive si possono vedere anche in relazione a un altro coronavirus noto, quello dell’epidemia di SARS del 2002. Le mutazioni della proteina spike hanno reso il SARS-CoV-2 ben più contagioso del precedente. Proprio le mutazioni hanno permesso al virus di passare inosservato nel primo periodo perché i primi test utilizzati sono risultati inutili in confronto alla regione genetica su cui si basavano proprio i test.