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Foto di Canidia Jupiter da Pixabay

Negli ultimi decenni, l’uso degli SSRI (inibitori selettivi della ricaptazione della serotonina) durante la gravidanza è aumentato significativamente. Questi farmaci sono spesso prescritti per trattare depressione e ansia, condizioni comuni anche tra le donne in gravidanza. Ma cosa succede al cervello del feto quando viene esposto a queste molecole?

Diversi studi neuroscientifici recenti hanno sollevato preoccupazioni sul fatto che l’esposizione prenatale agli SSRI potrebbe alterare lo sviluppo cerebrale del nascituro. In particolare, si ipotizza che tali farmaci possano “riprogrammare” alcuni circuiti neurali fondamentali per l’umore, la regolazione emotiva e il comportamento sociale.

SSRI durante la gravidanza: il possibile legame con alterazioni nei circuiti cerebrali del nascituro

La serotonina, il neurotrasmettitore su cui agiscono gli SSRI, gioca un ruolo cruciale non solo nella regolazione dell’umore, ma anche nello sviluppo del cervello nei primi stadi della vita. Durante la gravidanza, i livelli di serotonina influenzano la formazione delle connessioni neuronali. Un’interferenza farmacologica in questo processo potrebbe quindi avere effetti duraturi.

Modelli animali hanno mostrato che l’esposizione precoce agli SSRI può modificare la connettività tra regioni cerebrali coinvolte nella risposta allo stress e nei meccanismi della ricompensa. In alcuni casi, gli animali esposti in utero hanno manifestato comportamenti simili all’ansia o difficoltà nelle interazioni sociali da adulti.

Tuttavia, i dati sugli esseri umani sono ancora in fase di raccolta e analisi. Alcuni studi osservazionali hanno evidenziato una lieve associazione tra l’uso prenatale di SSRI e un rischio aumentato di disturbi neuropsichiatrici nei bambini, come l’autismo o il disturbo da deficit di attenzione. Tuttavia, è difficile distinguere gli effetti del farmaco da quelli della depressione materna stessa.

Un fattore chiave anche per il benessere del bambino

Gli scienziati sottolineano che la decisione di interrompere o proseguire una terapia con SSRI durante la gravidanza deve essere personalizzata. In molti casi, i benefici del trattamento per la madre superano i potenziali rischi per il feto. La salute mentale materna è infatti un fattore chiave anche per il benessere del bambino.

Le ricerche in corso si concentrano ora sull’individuare quali dosaggi, periodi gestazionali e fattori genetici possano mediare gli effetti degli SSRI sul cervello in via di sviluppo. L’obiettivo è fornire raccomandazioni più precise ai medici e garantire una gravidanza sicura per madre e figlio.

Nel frattempo, è fondamentale che le donne incinte assumano SSRI solo sotto controllo medico e con un’attenta valutazione dei rischi e benefici. La scienza sta ancora scrivendo questa complessa storia, ma la consapevolezza e l’informazione sono il primo passo verso decisioni più consapevoli.

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