La malattia di Parkinson (PD) è una delle più comuni malattie neurodegenerative e, nonostante decenni di ricerca, la sua patogenesi è ancora poco chiara. La caratteristica principale del Parkinson è l’accumulo di aggregati proteici, in particolare l’α-sinucleina, che forma strutture note come corpi di Lewy. Recenti studi hanno iniziato ad esplorare il possibile ruolo delle strutture di RNA nell’influenzare la formazione di questi aggregati e il loro impatto sul decorso della malattia.
L’α-sinucleina è una proteina piccola e intrinsecamente disordinata che gioca un ruolo critico nel Parkinson. In condizioni normali, è coinvolta nel trasporto vescicolare e nella regolazione delle sinapsi neuronali. Tuttavia, in situazioni patologiche, può assumere una conformazione aberrante e aggregarsi in fibrille insolubili che danneggiano i neuroni. L’accumulo di α-sinucleina nei corpi di Lewy è un segno distintivo della malattia, ma non è ancora chiaro quale sia il meccanismo esatto che innesca questo processo.
RNA e aggregati proteici nella malattia di Parkinson
Negli ultimi anni, è emerso che l’RNA potrebbe avere un ruolo chiave nell’aggregazione proteica, incluso quello dell’α-sinucleina. L’RNA non codificante, come i microRNA (miRNA) ei lncRNA (long non-coding RNA), è stato studiato in relazione a diverse malattie neurodegenerative. Queste molecole possono influenzare l’espressione genetica, il metabolismo delle proteine e perfino l’interazione tra RNA e proteine. In particolare, si sta scoprendo che alcune sequenze di RNA possono legarsi direttamente all’α-sinucleina, modulandone la conformazione e la propensione ad aggregarsi.
Uno studio interessante ha dimostrato che determinate strutture di RNA possono promuovere l’aggregazione dell’α-sinucleina, fungendo da “impalcature molecolari”. In vitro, è stato osservato che alcune molecole di RNA possono facilitare il processo di nucleazione, ovvero la fase iniziale della formazione degli aggregati proteici. Questo suggerisce che l’RNA possa influenzare l’inizio e la progressione degli aggregati patogeni, aprendo nuove possibilità di ricerca sulle terapie per il Parkinson.
Un altro aspetto cruciale della malattia di Parkinson è lo stress ossidativo, che sembra essere interconnesso con il ruolo dell’RNA. Lo stress ossidativo provoca danni sia al DNA che all’RNA, causando mutazioni e alterazioni nelle normali funzioni cellulari. In condizioni di stress, è stato osservato che l’RNA può formare aggregati temporanei noti come granuli di stress. Questi granuli possono sequestrare proteine come l’α-sinucleina, contribuendo alla formazione di aggregati patogeni e aggravando ulteriormente la neurodegenerazione.
Fornire nuove informazioni sulle fasi iniziali della malattia
Recentemente è stato proposto che i cambiamenti nell’RNA circolante nel sangue potrebbero essere utilizzati come biomarker per diagnosticare precocemente la malattia di Parkinson. Piccole molecole di RNA, come i miRNA, possono essere rilevate nel plasma e nel liquido cerebrospinale e mostrano profili alterati nei pazienti con Parkinson rispetto ai soggetti sani. L’identificazione di questi RNA potrebbe non solo migliorare la diagnosi, ma anche fornire nuove informazioni sulle fasi iniziali della malattia.
Le scoperte sul legame tra RNA e aggregati di α-sinucleina offrono interessanti prospettive per lo sviluppo di nuove terapie. L’idea di interferire con queste interazioni attraverso farmaci o terapie genetiche sta guadagnando terreno. Ad esempio, si sta studiando l’uso di molecole antisenso che possono bloccare specifici RNA coinvolti nella formazione degli aggregati. Questi approcci mirano a prevenire o rallentare la progressione della malattia modulando direttamente il ruolo dell’RNA.
Le terapie geniche basate sull’RNA, come l’utilizzo di siRNA (small interfering RNA) o di miRNA, potrebbero essere sfruttate per regolare l’espressione delle proteine implicate nella malattia di Parkinson. Questi approcci mirano a ridurre l’accumulo di α-sinucleina tossica o una struttura modulare delle vie cellulari che portano alla neurodegenerazione. Sebbene si tratti di strategie ancora in fase sperimentale, rappresentano una promessa nel trattamento delle malattie neurodegenerative.
L’integrazione delle strutture di RNA nello studio della malattia di Parkinson rappresenta una nuova frontiera della ricerca. Mentre fino a poco tempo fa l’attenzione era focalizzata principalmente sui meccanismi proteici, ora si sta comprendendo che l’RNA potrebbe giocare un ruolo chiave nella formazione degli aggregati e nella progressione della malattia. Con ulteriori studi e sviluppi, potrebbe diventare possibile sfruttare l’RNA non solo come biomarcatore, ma anche come bersaglio terapeutico per trattare e prevenire il Parkinson.
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