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Il declino della memoria è uno dei segni più comuni dell’invecchiamento, ma un nuovo studio condotto dalla Pennsylvania State University potrebbe cambiare il modo in cui affrontiamo questo problema. Gli scienziati hanno identificato un enzima chiave, l’istone deacetilasi 3 (HDAC3), che gioca un ruolo cruciale nel processo di aggiornamento dei ricordi con nuove informazioni. Bloccando questo enzima nei topi anziani, i ricercatori sono riusciti a prevenire i deficit di memoria legati all’età, aprendo nuove prospettive nella lotta contro il declino cognitivo.

Il team di ricerca, guidato dalla dottoressa Janine Kwapis, si è concentrato su come l’invecchiamento influenzi la capacità del cervello di aggiornare i ricordi. Questo processo, noto come riconsolidamento, diventa meno efficace con l’età, portando a una diminuzione della capacità di adattarsi a nuove informazioni. Gli scienziati sapevano già che l’HDAC3 aveva un effetto negativo sulla formazione della memoria, poiché restringe la cromatina, un complesso di DNA e proteine che rende difficile la trascrizione genetica.

In laboratorio, i ricercatori hanno sottoposto ratti anziani, di età compresa tra 18 e 20 mesi, a un test di memoria noto come “oggetti nella posizione aggiornata”. Dopo aver familiarizzato con un ambiente e due oggetti posizionati in luoghi specifici, uno degli oggetti è stato spostato in una nuova posizione. Immediatamente dopo, ai ratti è stato somministrato un farmaco per bloccare l’HDAC3 o un placebo. I risultati sono stati sorprendenti: i ratti trattati con il farmaco hanno mostrato una capacità di aggiornare la memoria paragonabile a quella dei ratti più giovani, mentre il gruppo di controllo ha continuato a mostrare segni di declino cognitivo.

Questa scoperta rappresenta un importante passo avanti nella comprensione del declino cognitivo legato all’età e potrebbe aprire la strada a nuove terapie per migliorare la memoria negli anziani. Attualmente, non esistono trattamenti efficaci per prevenire o invertire il declino cognitivo legato all’età, e il blocco dell’HDAC3 potrebbe offrire una nuova strategia per affrontare questo problema.

Oltre a migliorare la memoria, questa ricerca ha anche importanti implicazioni per altre malattie neurodegenerative, come l’Alzheimer, dove il declino cognitivo è una delle principali caratteristiche. Se i risultati ottenuti nei ratti potranno essere replicati negli esseri umani, potremmo essere di fronte a una svolta nel trattamento delle malattie legate all’invecchiamento.

Il prossimo passo per il team di ricerca sarà quello di condurre studi clinici sull’uomo per verificare se il blocco dell’HDAC3 possa effettivamente migliorare la memoria nei pazienti anziani. Se questi studi avranno successo, potremmo vedere lo sviluppo di nuovi farmaci che non solo migliorano la qualità della vita degli anziani, ma potrebbero anche ritardare o prevenire l’insorgenza di malattie neurodegenerative.

Lo studio, pubblicato su Frontiers in Molecular Neuroscience, segna un momento cruciale nella ricerca sul declino cognitivo, offrendo nuove speranze a milioni di persone in tutto il mondo che affrontano le sfide dell’invecchiamento.