
Il “phubbing”, un termine che ha guadagnato popolarità nel 2012, descrive la pratica di dare più attenzione al proprio cellulare che alla persona con cui si sta interagendo. In un’era in cui gli smartphone hanno conquistato il centro della scena sociale, una nuova ricerca solleva il velo su quanto questa abitudine comune influenzi negativamente la salute mentale.
Con stime che indicano 5,3 miliardi di utenti smartphone nel 2021, il phubbing è diventato una consuetudine fastidiosa, ma ora emerge che ha conseguenze che vanno oltre i problemi relazionali. Uno studio condotto su 720 adulti rumeni ha rivelato che i destinatari di questa pratica subiscono un aumento della solitudine, disturbi psicologici e una diminuzione della soddisfazione di vita.
La ricerca, pubblicata su BMC Psychology, ha analizzato la correlazione tra il phubbing e i sentimenti di solitudine, disagio psicologico e soddisfazione di vita. I partecipanti, in prevalenza donne con un’età media di 24 anni, sono stati valutati per depressione, ansia, stress, tempo trascorso sui social media e livelli di solitudine.
I risultati hanno rivelato una connessione significativa tra il phubbing e l’aumento dei disturbi psicologici e della solitudine. Sebbene la soddisfazione di vita non fosse direttamente collegata al fenomeno, coloro che si sentivano più soli riportavano una minore soddisfazione di vita e un maggiore disagio psicologico.
Gli autori dello studio sottolineano l’importanza di affrontare l’uso improprio dei dispositivi digitali nelle relazioni, evidenziando la solitudine come mediatore tra il phubbing e l’adesione ai social network, collegata a elevati livelli di disturbo psicologico. In un’epoca in cui la connettività digitale è onnipresente, questo studio solleva un avvertimento su come tali comportamenti possano minare la salute mentale, sottolineando l’urgente necessità di interventi per promuovere relazioni più consapevoli e connesse.