pink-floyd
Foto di Beatriz Miller su Unsplash

In uno studio innovativo dell’Università della California, Berkeley, gli scienziati sono riusciti a ricostruire “Another Brick in the Wall, Part 1” dei Pink Floyd, analizzando le registrazioni neurali della corteccia uditiva umana. Questa ricerca, che rivela la profonda risposta del nostro cervello alla musica, rappresenta un significativo passo avanti nella comprensione di come percepiamo e interpretiamo melodie e ritmi.

La musica è universalmente riconosciuta per il suo impatto emotivo. Studi precedenti hanno rivelato i suoi effetti nel ridurre l’ansia e il dolore, migliorare l’umore, la qualità del sonno e la memoria.

Diverse parti del cervello, incluse le aree legate alle emozioni, le regioni della memoria e il sistema motorio, vengono attivate ascoltando la musica.

 

Lo studio

Il nuovo studio ha utilizzato tecnologie avanzate di modellazione computazionale per analizzare la reazione del cervello alla celebre traccia dei Pink Floyd, “Another Brick in the Wall, Part 1“.

Siamo riusciti a ricostruire con successo una canzone dall’attività neurale registrata nella corteccia uditiva“, ha spiegato il neuroscienziato francese Ludovic Bellier, ricercatore presso l’UC Berkeley e primo autore dello studio.

Nello studio, pubblicato martedì scorso su PLOS Biology, è stata registrata l’attività cerebrale di 29 pazienti sottoposti a elettroencefalografia intracranica (iEEG) per il trattamento dell’epilessia, mentre ascoltavano la nota canzone della band britannica.

I ricercatori hanno utilizzato un metodo di ricostruzione dello stimolo, con un algoritmo di apprendimento automatico per associare modelli neurali a vari elementi della canzone, come melodia, ritmo e testi, per registrare la musica così come trasmessa dal cervello. Sebbene la musica registrata durante l’esperimento non corrisponda esattamente alla versione originale dei Pink Floyd, cattura i suoi attributi principali, suggerendo che è possibile leggere la musica dalle nostre menti.

Tuttavia, la natura invasiva dell’esperimento, che coinvolge elettrodi impiantati, ne rende l’applicazione improbabile nella vita quotidiana.

Tra i numerosi elettrodi impiantati nei cervelli dei pazienti, 347 hanno rilevato attività neurale specifica per la musica in tre principali regioni: la Giro Temporale Superiore (STG), la Corteccia Sensomotoria (SMC) e la Giro Frontale Inferiore (IFG).

Notevolmente, l’emisfero destro ha dominato nel processo musicale, con una specifica regione nell’STG identificata come cruciale per decifrare il ritmo nella musica rock. “Ora sappiamo in dettaglio le regioni cerebrali che supportano la decodifica musicale“, afferma Robert Thomas Knight, autore corrispondente dello studio.

Sebbene la possibilità di ricreare intere canzoni dai pensieri sia un’idea affascinante, il principale contributo dello studio risiede nella sua mappatura dettagliata del processo musicale nel cervello. E, sottolinea Knight, ci avvicina un passo più vicino ad aiutare persone con gravi limitazioni fisiche, come Stephen Hawking, a riacquistare la loro capacità di comunicare.