
La presenza di particelle di microplastica e nanoplastica rappresenta uno dei problemi ambientali più grandi del nostro tempo, soprattutto per la vastità e onnipresenza. Recente abbiamo visto come queste particelle sono in grado di entrare nel corpo attraverso il cibo e ora, per la prima volta, la ricerca condotta presso il MedUni Vienna ha dimostrato che possono superare la barriera emato-encefalica e penetrare nel cervello.
Si parla di un risultato ottenuto in laboratorio su un modello animale, somministrazione orale di polistirene, una plastica ampiamente utilizzata anche negli imballaggi alimentari. Il team di ricerca ha scoperto che una certa struttura superficiale chiamata corona biomolecolare era cruciale per consentire alle particelle di plastica di passare nel cervello.
Come la plastica finisce nel nostro cervello
La barriera ematoencefalica impedisce ai patogeni o alle tossine di raggiungere il cervello, ma anche la barriera intestinale può essere violata dai frammenti di plastica. Ci sono già diverse ricerche scientifiche che dimostrano che quest’ultimi nel tratto gastrointestinale possono causare reazioni infiammatorie e immunitarie locali e lo sviluppo di tumori. Nel cervello, le particelle di plastica potrebbero aumentare il rischio di infiammazione, disturbi neurologici o persino malattie neurodegenerative come l’Alzheimer o il Parkinson. Sono necessarie ulteriori ricerche in questo settore per capire gli effetti sulla salute.
Le nanoplastiche sono definite come avendo una dimensione inferiore a 0,001 millimetri, mentre alcune microplastiche sono ancora visibili ad occhio nudo. Le particelle più piccole sono in grado di entrare nella catena alimentare attraverso varie fonti, compresi i rifiuti di imballaggio. È importante limitare l’uso di molti prodotti plastici per proteggere noi stessi in primis oltre che l’ambiente.