senzatetto
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Quando il distanziamento sociale è diventato la nostra unica opzione per contenere la diffusione del coronavirus, molti erano preoccupati per quel che sarebbe successo a chi non aveva una casa fissa. Il rischio di contrarre il COVID-19 era chiaramente più alto per i senzatetto. Ora un nuovo lavoro pubblicato su Clinical Infectious Diseases non fa che riaffermare questa idea.

I ricercatori del Boston Medical Center sono giunti a questa conclusione dopo aver analizzato le cartelle cliniche elettroniche dei pazienti risultati nuovamente positivi al SARS-CoV-2 entro 90 giorni dalla prima infezione.

 

La maggior parte delle persone genera anticorpi per prevenire la reinfezione da COVID-19

Secondo le affermazioni di studi ed esperti in materia, quando si verifica un’infezione, il nostro corpo sviluppa anticorpi per evitare di contrarla nuovamente. La durata della loro attività è molto variabile, ed è ancora troppo presto per sapere quanto durerà quella causata dal COVID-19.

Tuttavia, è accettata l’idea che la maggior parte delle persone con una precedente infezione da SARS-CoV-2 acquisisca una protezione contro il virus che può durare per mesi o più. Nonostante ciò, ci sono stati diversi i casi di reinfezione nel corso di questa pandemia.

 

Quali fattori aumentano la probabilità di reinfezione?

I ricercatori volevano determinare quali fattori di rischio erano associati a un aumento del rischio di reinfezione. Per fare ciò, non hanno preso in considerazione solo la risposta del sistema immunitario al COVID-19, ma anche caratteristiche demografiche che potrebbero aumentare il rischio, come i senzatetto.

Per fare ciò, sono stati selezionati i dati di 75 individui che hanno avuto una ricaduta dopo almeno 90 giorni dalla loro prima infezione. Tutte le persone che sono risultate negative almeno 90 giorni dopo l’infezione iniziale sono state incluse e classificate come convalescenti.

I senzatetto come principale fattore di rischio per la reinfezione da COVID-19

Hanno quindi analizzato le caratteristiche cliniche e demografiche, come l’età, il sesso e l’esistenza di comorbidità in entrambi i gruppi. Hanno anche esaminato il plasma di alcuni individui per valutare la presenza di anticorpi specifici contro il patogeno e sequenziato il virus nella prima e nella seconda infezione dello stesso paziente per identificare eventuali differenze o fattori che hanno influenzato la ricorrenza.

I risultati non hanno mostrato differenze significative negli anticorpi generati dagli individui dei gruppi convalescenti e reinfettati. L’unico fattore demografico associato alla reinfezione da COVID-19 era l’instabilità degli alloggi o la loro mancanza. Cioè, le persone senza una casa fissa hanno un rischio maggiore di essere reinfettati con l’agente patogeno in breve tempo rispetto a coloro che vivono in un ambiente più stabile.

È importante sottolineare che le persone reinfette avevano ancora anticorpi contro SARS-CoV-2 nel sangue. Questo ci ricorda non solo che l’immunità naturale lasciata da una prima infezione non è sufficiente per prevenirla in una seconda esposizione. Data l’influenza dei senzatetto, è probabile che l’esposizione a livelli ripetuti o molto elevati del virus superi la risposta immunitaria, il che spiegherebbe la reinfezione in questi casi.

Nel frattempo, la scienza continua a concentrare gli sforzi per comprendere appieno la risposta del sistema immunitario al virus. Gli scienziati non escludono la possibilità che ci siano componenti aggiuntivi nel sistema immunitario che offrono una maggiore protezione contro la reinfezione, per esempio.