
Antichi resti stanno aiutando gli scienziati a scoprire cosa succede a un corpo intrappolato dalla lava in un’eruzione vulcanica, come a Pompei. Le recenti eruzioni in Islanda, catturate dalle immagini vivide dei droni, hanno attirato l’attenzione del pubblico sull’immenso potere dei vulcani. Per quanto belli e affascinanti da vedere, sono anche fatali.
La storia delle eruzioni è costellata di eventi spettacolari. Tra questi, il Krakatoa nel 1883, la cui esplosione è stata addirittura percepita in tutto il mondo, e il Monte Tambora, che ha provocato la carestia in tutto l’emisfero settentrionale. Ma forse la più famosa di tutte è l’eruzione del Vesuvio, nel 79 d.C., che sigillò le città romane di Pompei ed Ercolano sotto strati di cenere.
L’attività umana è stata a lungo influenzata dalle eruzioni vulcaniche. Ora, gli studi sulle varie modalità in cui lo scheletro reagisce al calore stanno consentendo una maggiore comprensione del suo impatto sulla morte umana. Lo studio scientifico dei resti delle vittime del Vesuvio è, invece, controverso. La teoria prevalente era che il calore e la forza del flusso piroclastico del Vesuvio facessero evaporare istantaneamente i tessuti molli.
Tuttavia, sappiamo da studi sui moderni crematori e da scavi archeologici di resti parzialmente cremati che i tessuti molli non evaporano, anche a centinaia di gradi Celsius. Invece, si disidratano lentamente, si contraggono e cadono dal corpo.
Prove inconcludenti
I lavori a Pompei ed Ercolano hanno dimostrato che le temperature avvertite dopo l’eruzione erano di 300°C/400°C, certamente non così alte come in una cremazione. Un altro studio recente ha anche suggerito che frammenti di cervello e tessuti neurologici sono stati conservati ad Ercolano. Le prove sono in realtà piuttosto inconcludenti a causa della mancanza di dati, della conservazione insolita delle proteine e dell’insufficiente riferimento al lavoro pubblicato in precedenza.
I corpi cambiano in modo significativo quando vengono bruciati. La pelle si disidrata e poi si divide per rivelare i tessuti più profondi. Il corpo si irrigidisce come le figure di gesso contorte create dalle ceneri raffreddate delle vittime di Pompei. Questo aspetto era precedentemente interpretato come la possibilità che la vittima stesse fuggendo, ma ora sappiamo che è semplicemente la conseguenza della contrazione dei muscoli. Gli organi interni si restringono e vengono distrutti e lo scheletro diventa visibile. Le ossa si rompono e si frammentano in modi diversi, a seconda della presenza o dell’assenza di tessuti molli. Cambiano colore, si deformano e si restringono come la struttura cristallina microscopica dell’osso diventa attivo. Questa riduzione può raggiungere il 30%.
Recenti studi suggeriscono che la città di Pompei fu spazzata via in soli 17 minuti, provocando la morte per soffocamento dei residenti. I ricercatori hanno combinato nuovi metodi di studio del collagene osseo e della struttura cristallina per dimostrare che le persone che si sono rifugiate in case di pietra vicino alla spiaggia, invece di essere vaporizzate, sono state effettivamente soffocate e bruciate a morte.
Ercolano è diversa da Pompei perché le vittime hanno avuto più tempo per rispondere all’eruzione, a causa della posizione della città. L’analisi degli scheletri dei morti mostra che molte persone si sono precipitate sulla spiaggia in attesa dell’evacuazione attraverso il mare verso la salvezza. Gli scavi e le analisi degli scheletri suggeriscono che furono soprattutto uomini a morire sulla spiaggia, mentre le donne e i bambini si rifugiarono e morirono nelle rimesse.