Covid-19 biomarcatore

Un nuovo biomarcatore potrebbe rappresentare un indicatore di rischio per le forme gravi di Covid-19. Il suo dosaggio aiuterebbe dunque a individuare e a porre l’attenzione sui pazienti più a rischio sin dal momento della diagnosi.

Il sistema immunitario delle persone reagisce in modo diverso all’infezione da SARS-CoV-2, il virus che causa Covid-19, con risposte che vanno da lievi a gravi e pericolose per la vita. Per comprendere le differenze nelle risposte, il team ha analizzato i dati di sequenziamento del RNA estratti da singole cellule delle vie aeree di controlli sani e di lieve e grave malattia.

 

Covid-19, un biomarcatore predice la gravità della malattia

I dati erano disponibili in un database pubblico precedentemente pubblicato da un gruppo di ricercatori cinesi. “Le nostre analisi hanno identificato un’associazione tra cellule immunitarie chiamate neutrofili e speciali recettori cellulari che si legano all’ormone steroideo glucocorticoide“, ha spiegato il professor Lee.

Questa scoperta potrebbe essere utilizzata come biomarcatore per prevedere la gravità della malattia nei pazienti e quindi selezionare una terapia mirata che può aiutare a curarli al momento opportuno. Una grave malattia in Covid-19 è associata a una risposta immunitaria esagerata che porta a un’eccessiva infiammazione dannosa per le vie aeree. Questa condizione, nota come sindrome da distress respiratorio acuto, rappresenta il 70% dei decessi nelle infezioni fatali da Covid-19.

Gli scienziati sanno già che questa infiammazione eccessiva comporta un aumento del reclutamento dei neutrofili nelle vie aeree, ma i meccanismi dettagliati di questa reazione non sono ancora chiari. Le analisi hanno scoperto che un gruppo di cellule immunitarie chiamate cellule mieloidi producevano quantità eccessive di sostanze chimiche che reclutano neutrofili in pazienti gravemente malati, tra cui una citochina chiamata fattore di necrosi tumorale (TNF) e una chemochina chiamata CXCL8.

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Essere più tempestivi nei trattamenti

Ulteriori analisi dell’RNA dei neutrofili in pazienti gravemente ammalati hanno mostrato che erano meno in grado di reclutare cellule T molto importanti necessarie per attaccare il virus. Allo stesso tempo, i neutrofili hanno prodotto troppe molecole extracellulari che normalmente intrappolano i patogeni, ma danneggiano le cellule delle vie aeree se prodotte in eccesso.

I glucocorticoidi, come il noto farmaco desametasone, sono agenti antinfiammatori che potrebbero svolgere un ruolo nel trattamento del Covid-19. Tuttavia, il loro utilizzo nelle forme precoci o lievi dell’infezione potrebbe sopprimere le reazioni immunitarie necessarie per combattere il virus. Ma se il danno alle vie aeree si è già verificato in casi più gravi, il trattamento con glucocorticoidi sarebbe inefficace.

Sapere a chi dare questo trattamento e quando è davvero importante. I pazienti COVID-19 che mostrano una ridotta espressione del recettore dei glucocorticoidi, una maggiore espressione di CXCL8 e un eccesso di reclutamento dei neutrofili nelle vie aeree potrebbero trarre beneficio dal trattamento con glucocorticoidi per prevenire danni alle vie aeree. Tuttavia, sono necessarie ulteriori ricerche per confermare la relazione tra glucocorticoidi e infiammazione dei neutrofili a livello proteico. Lo studio potrebbe aprire le porte ad ricerche e trattamenti Covid-19 più affidabili.