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Gli psicologi ritengono che il confinamento causato dalla pandemia di Covid-19 possa avere effetti a lungo termine su alcune amicizie. In un’intervista alla BBC, lo psicologo evoluzionista Robin Dunbar ritiene che “le amicizie possono deteriorarsi molto rapidamente se non ci investiamo” e quindi richiama l’attenzione sugli effetti a lungo termine della reclusione.

Il ricercatore, dell’Università di Oxford, ha analizzato i modi in cui le nostre connessioni sociali saranno alterate a causa di questa situazione causata dalla pandemia. La visione di questo studioso proviene da un mondo social che vede in primo piano Zoom e Whatsapp. Le radici delle nostre amicizie, secondo lui, risiedono nella vita sociale dei primati non umani.

Per molti di questi primati, forti legami sociali significano protezione da predatori e rivali. E questo, in un certo senso, rivela perché molti di noi apprezzano i nostri amici più cari come se la nostra vita dipendesse da loro. Sia nelle scimmie che negli esseri umani, gli studi dimostrano che la qualità di una relazione – misurata dalla probabilità che una scimmia o un essere umano si faccia avanti per difenderne un altro – dipende direttamente dal tempo investito in esso. “Durante il lockdown, molte persone fanno nuove amicizie con le persone che incontrano per strada e che vedono per la prima volta. Così, quando escono da questa situazione, alcune delle nostre amicizie più marginali possono essere sostituite da alcune di queste nuove”, spiega il professore.

Poiché si tratta di una cosa temporanea, le nostre amicizie più intime devono rimanere intatte. Una situazione rafforzata, in parte, dalla possibilità di stare con queste persone in altri modi, ad esempio attraverso il mondo online.

 

La solitudine della pandemia

Jenny Groarke, della Queen’s University di Belfast, ha studiato la solitudine durante la pandemia ed è giunta alla conclusione che, nonostante l’uso dei media digitali, “le persone sono meno soddisfatte di questa forma di contatto rispetto al contatto faccia a faccia“, afferma. “Le persone analizzate nei nostri sondaggi hanno affermato di perdere il contatto fisico e considerano ‘bizzarro’ e ‘non normale’ passare così tanto tempo senza toccare le persone“, aggiunge.

Ancora una volta, se guardiamo ai nostri parenti primati più stretti – gli scimpanzé – il tatto non è solo “normale”, è socialmente vitale. Questi animali di solito trascorrono ore, ogni giorno, prendendosi cura l’uno dell’altro. E noi, come questi parenti, abbiamo un sistema specializzato di assoni che catturano e trasmettono la sensazione del tatto ai fasci di cellule cerebrali che rilasciano endorfine. “Abbiamo sempre contatti fisici. Ci sono regole naturali rigide su chi possiamo toccare, ma con gli amici intimi e la famiglia, ci diamo una pacca sulla spalla, ci tocchiamo la spalla. È così normale che non apprezziamo quanto sia importante per noi”, dice Dunbar.