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Foto di Gerd Altmann da Pixabay

Se cavoletti di Bruxelles e broccoli ti fanno storcere il naso, potresti non essere solo un palato esigente. Secondo una nuova ricerca pubblicata sull’European Journal of Nutrition, l’elevata sensibilità ai sapori amari potrebbe essere collegata a una maggiore probabilità di sviluppare il disturbo bipolare, oltre ad altre condizioni croniche come malattie renali.

Il responsabile? Un gene chiamato TAS2R38, noto per codificare i recettori del gusto amaro. Ma le implicazioni sembrano andare ben oltre il semplice disgusto per certe verdure.

Chi sono i “superdegustatori”

Circa un quarto della popolazione è definito superdegustatore, ovvero possiede due copie funzionali del gene TAS2R38. Queste persone percepiscono i cibi amari in modo estremamente intenso, tanto da evitare frequentemente alimenti ricchi di nutrienti ma dal gusto sgradevole.

Questo comportamento alimentare potrebbe avere conseguenze indirette sulla salute fisica e mentale. Il gusto, in questo caso, non è solo una questione di preferenze, ma anche di genetica e predisposizione.

Disturbo bipolare e reni: i dati preoccupanti

Lo studio ha analizzato più di 600.000 soggetti, incrociando dati genetici e condizioni cliniche. I risultati mostrano che le persone con il gene dell’amaro attivo hanno un rischio aumentato del 10% di sviluppare disturbo bipolare rispetto alla media.

Non solo: sono stati osservati anche livelli elevati di creatinina e marcatori di ridotta funzionalità renale, suggerendo un possibile effetto del gene anche sulla salute dei reni. Questo legame non implica una relazione causa-effetto, ma apre interrogativi importanti sulla connessione tra gusto, geni e salute sistemica.

I recettori del gusto non sono solo in bocca

Sorprendentemente, i recettori del gusto amaro sono presenti anche nei polmoni, nell’intestino, nel tratto urinario e persino nel cervello. Secondo i ricercatori, potrebbero agire come una sorta di sistema di allerta biologico, utile per evitare tossine ma anche per regolare altri processi fisiologici.

Il gusto amaro, da sempre considerato un campanello d’allarme evolutivo, si conferma così una spia silenziosa del nostro equilibrio interno.

Una nuova frontiera per la medicina preventiva

Le implicazioni di questa scoperta sono molteplici: dalla nutrizione personalizzata alla prevenzione dei disturbi mentali e metabolici. Conoscere la propria genetica del gusto potrebbe presto diventare uno strumento diagnostico e predittivo.

Nel frattempo, vale forse la pena dare una seconda possibilità a quei cavoletti di Bruxelles: potrebbero non essere i tuoi nemici, ma piuttosto un invito a conoscere meglio ciò che il tuo corpo cerca di dirti attraverso il gusto.

Foto di Gerd Altmann da Pixabay