
I delfini sono animali noti per la loro intelligenza e socialità, ma c’è un aspetto sorprendente del loro comportamento che continua ad affascinare gli scienziati: si danno un nome. O meglio, ogni individuo sviluppa un fischio caratteristico che funge da firma acustica, un segnale unico e riconoscibile all’interno del gruppo.
Ma ora un nuovo studio dimostra che questi fischi non si limitano a comunicare l’identità: potrebbero contenere molte altre informazioni, come lo stato emotivo, il contesto sociale o perfino i legami di appartenenza.
Come funzionano i “nomi” dei delfini?
I delfini tursiopi (Tursiops aduncus, nello specifico quelli osservati in Australia) creano un suono distintivo nei primi anni di vita, lo usano per farsi riconoscere e lo mantengono per tutta la vita. Si tratta di fischi con una firma acustica precisa, una sorta di biglietto da visita sonoro.
Fino al 30% della loro comunicazione vocale può essere composto da questo fischio identificativo. Eppure, non è sempre identico: presenta delle variazioni volontarie, che hanno attirato l’attenzione dei ricercatori.
Cosa ci racconta la variabilità dei fischi?
Nel corso di uno studio effettuato tra il 2017 e il 2018 presso Moreton Island, vicino a Brisbane, i ricercatori hanno confrontato registrazioni di fischi recenti con dati audio raccolti 15 anni prima dallo stesso branco. Hanno scoperto che:
- I fischi restano straordinariamente stabili nel tempo, come una firma riconoscibile.
- Tuttavia, alcuni elementi variano, come l’intonazione o la durata.
Questa combinazione di stabilità e flessibilità suggerisce che i delfini usano i loro fischi per trasmettere più di un semplice nome. Potrebbero comunicare emozioni, intenzioni, relazioni sociali e molto altro.
I fischi sono come i nostri volti
Secondo gli scienziati, l’analogia più calzante per comprendere i fischi distintivi non è quella del “nome”, ma quella del volto umano:
- Come i nostri lineamenti, i fischi hanno caratteristiche fisse che permettono l’identificazione.
- Ma come le nostre espressioni facciali, si modificano per trasmettere emozioni e segnali momentanei.
In altre parole, i delfini non parlano solo con la voce, ma “mostrano la faccia” attraverso il suono. Ed è proprio questa sottile capacità espressiva che permette loro di mantenere un equilibrio sociale in ambienti marini complessi.
Fischi condivisi: legami più profondi?
Lo studio ha inoltre osservato fischi molto simili usati da più individui, suggerendo che alcuni gruppi di delfini potrebbero condividere suoni distintivi. Una scoperta che apre nuove prospettive:
- I fischi condivisi potrebbero rappresentare legami di gruppo o “famiglie acustiche”.
- I maschi tendono a mostrare più variazioni nei loro fischi rispetto alle femmine, forse per via del loro ruolo più dinamico nei gruppi sociali.
Il rumore degli umani cancella le “voci” dei delfini
Tutto questo porta a un punto cruciale: l’inquinamento acustico marino. Le onde sonore delle imbarcazioni e delle attività industriali interferiscono con i fischi distintivi, rendendo la comunicazione difficile o impossibile.
Per i delfini, questo equivale a vivere in un mondo senza volti riconoscibili, dove è difficile stabilire legami, collaborare, evitare i pericoli. Una condizione che può compromettere sopravvivenza, benessere e struttura sociale.
Ascoltare per capire (e proteggere)
I fischi dei delfini sono più che suoni: sono strumenti di identità, relazione e emozione. Capirli significa avvicinarci a uno dei sistemi di comunicazione più complessi del regno animale, e ricordarci che ogni rumore umano negli oceani ha un impatto concreto sulla vita di chi li abita.
Ascoltare i delfini è il primo passo per imparare a rispettarli.
Foto di Armin Forster da Pixabay