
Ogni anno il 25 aprile si celebra la Giornata mondiale contro la malaria, una malattia che continua a colpire milioni di persone nel mondo. I numeri parlano chiaro: nel 2023 si sono registrati 263 milioni di casi e quasi 600mila morti, con un impatto devastante soprattutto nei paesi africani. Nonostante gli sforzi globali, la lotta contro il parassita Plasmodium — trasmesso dalle zanzare Anopheles — sta diventando sempre più complessa.
La resistenza ai farmaci: non basta più un solo bersaglio
Fino a poco tempo fa si pensava che la resistenza ai farmaci antimalarici fosse causata da singole mutazioni genetiche. Tuttavia, una nuova ricerca internazionale, a cui ha partecipato anche l’Università del Minho, ha ribaltato questa convinzione. Gli scienziati hanno dimostrato che il parassita sviluppa resistenza attraverso molteplici alterazioni genetiche, coinvolgendo geni come plasmepsina 3 e mdr1.
Questa scoperta cambia radicalmente il quadro: non è sufficiente monitorare una sola mutazione per prevedere la resistenza. I metodi attuali di sorveglianza rischiano quindi di essere inadeguati.
Piperachina a rischio: un’arma che potrebbe diventare inefficace
Uno dei farmaci chiave contro la malaria, la piperachina, è ora seriamente minacciato. Abbinata alla diidroartemisinina, è stata finora una combinazione vincente. Tuttavia, la farmacocinetica disallineata tra i due principi attivi — la piperachina persiste nel corpo per settimane mentre la diidroartemisinina si esaurisce in poche ore — crea una finestra critica durante la quale il parassita può adattarsi.
Se la resistenza continua a crescere, la piperachina rischia di perdere efficacia anche come farmaco preventivo, compromettendo strategie vitali per la protezione dei bambini e delle donne in gravidanza nelle aree endemiche.
Il futuro della lotta alla malaria: serve una nuova strategia
Secondo Pedro Ferreira, uno degli autori dello studio, è urgente ripensare i protocolli di trattamento e sorveglianza. Non si tratta più solo di sviluppare nuovi farmaci, ma di comprendere meglio il comportamento evolutivo del parassita e progettare combinazioni terapeutiche più intelligenti, con farmacocinetiche simili e una sorveglianza genetica avanzata.
In gioco non c’è solo la salute di milioni di persone, ma anche il fragile equilibrio di anni di progressi nella lotta a una delle malattie infettive più letali del pianeta.
Foto di Липцо Козерога da Pixabay