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Per anni si è creduto che essere sposati portasse con sé una vita più lunga e una migliore salute mentale. Ma una nuova ricerca della Florida State University smentisce questa idea, rivelando che chi è single, divorziato o vedovo potrebbe avere un rischio minore di sviluppare demenza rispetto a chi è sposato.

Cosa dice lo studio

Il team ha analizzato i dati di oltre 24.000 americani senza demenza, monitorati per 18 anni. Lo studio ha confrontato i tassi di demenza in base allo stato civile: sposati, divorziati, vedovi e mai sposati.

I risultati? Dopo aver corretto i dati per altri fattori influenti (come fumo e depressione), è emerso che i divorziati e i mai sposati avevano meno probabilità di sviluppare demenza rispetto a chi era sposato. Anche chi era rimasto vedovo durante il periodo di osservazione presentava un rischio ridotto.

Una sorpresa per la scienza

Questo dato va controcorrente. Precedenti ricerche, come uno studio del 2019, indicavano che i single avevano un rischio maggiore. Inoltre, il matrimonio è spesso stato collegato a benefici come una maggiore longevità, un minor rischio cardiovascolare e un supporto emotivo costante.

Tuttavia, questo nuovo studio suggerisce che le relazioni affettive non offrono necessariamente protezione contro la demenza, e anzi potrebbero avere un impatto più complesso di quanto si pensasse.

Spiegazioni possibili: bias e dinamiche relazionali

Una possibile causa della maggiore incidenza di diagnosi tra i coniugati è il cosiddetto bias di accertamento: chi vive con un partner potrebbe ricevere una diagnosi più tempestiva, perché il coniuge nota i sintomi e incoraggia una visita medica. Ma nel caso di questo studio, tutti i partecipanti erano sottoposti a visite annuali, quindi il bias potrebbe essere limitato.

Altre variabili da considerare:

  • Qualità della relazione: un matrimonio insoddisfacente può aumentare stress e isolamento.
  • Soddisfazione post-divorzio: alcuni individui potrebbero trarre beneficio dalla fine di una relazione tossica.
  • Vita sociale dei single: chi è single può avere una rete sociale attiva e variegata.
  • Fattori culturali ed economici: lo studio si basa su un campione poco diversificato, per cui i risultati potrebbero non essere universali.

La complessità delle relazioni e la salute del cervello

Il messaggio chiave dello studio è chiaro: non conta solo essere sposati o meno, ma la qualità della connessione umana. Le relazioni soddisfacenti, qualunque sia la loro forma, potrebbero essere il vero fattore protettivo per il benessere cognitivo.

In sintesi, questo studio invita a rivedere gli stereotipi su relazioni e salute mentale. Forse, la vera chiave per proteggere la mente è coltivare relazioni autentiche, empatiche e arricchenti — che siano con un partner, amici o una comunità.

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