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Le opere di William Shakespeare riflettono l’influenza delle scoperte matematiche del XVI secolo e forniscono un contesto affascinante per comprendere come la matematica ha permeato la cultura e la letteratura di quel periodo.

Nel XVI secolo, mentre Shakespeare viveva e scriveva, la matematica stava attraversando una rivoluzione concettuale che avrebbe cambiato la percezione del mondo. Mentre le persone erano abituate all’idea dell’infinito, ad esempio nei pianeti e nel tempo, l’idea opposta di esprimere il molto piccolo (e persino il nulla) attraverso assiomi matematici stava emergendo. La parola “zero” fu documentata per la prima volta in inglese solo nel 1598.

Matematici come Fibonacci nel XIII secolo avevano contribuito all’introduzione del concetto di zero, conosciuto all’epoca come “cifra”. Tuttavia, fu solo nel tardo XVI e l’inizio del XVII secolo che il “zero” iniziò a essere al centro della società, grazie al lavoro di pensatori come René Descartes e matematici come Sir Isaac Newton e Gottfried Leibniz, che svilupparono il calcolo infinitesimale.

Questo cambiamento concettuale aveva implicazioni culturali profonde, e Shakespeare era ben consapevole di questo contesto. Le sue opere, come “Enrico V” e “Troilo e Cressida“, riflettono la lotta tra il molto grande e il molto piccolo che caratterizzava la matematica e la filosofia dell’epoca.

Nell’apertura di “Enrico V“, Shakespeare esplora il concetto di zero attraverso l’uso ripetuto della lettera “O” e riferimenti al pensiero matematico contemporaneo. La figura storta menzionata nel testo è spesso interpretata come una rappresentazione del concetto di zero, che può trasformare il molto piccolo in qualcosa di molto grande.

In “Il Racconto d’inverno“, Shakespeare utilizza il termine “cifra” per rappresentare l’idea che anche qualcosa di apparentemente insignificante può moltiplicarsi e avere un grande impatto. Queste metafore matematiche si intrecciano con il tessuto delle sue opere, offrendo al pubblico spazi per riflettere sulle nuove idee matematiche che stavano emergendo.

In “Troilo e Cressida“, Shakespeare utilizza il linguaggio matematico per descrivere il crollo mentale di Troilo dopo aver visto la sua amante Cressida flirtare con un altro uomo. Questa rappresentazione visiva riflette il concetto di “numeri spezzati” e rappresenta visivamente il disagio mentale del personaggio.

In sintesi, le opere di Shakespeare forniscono un’affascinante finestra sulla cultura e sulla percezione del mondo durante il XVI secolo, quando la matematica stava subendo profonde trasformazioni concettuali. La sua capacità di incorporare queste idee matematiche complesse nelle sue opere dimostra quanto fosse influente e sensibile alle sfide intellettuali della sua epoca.