La trasmissibilità del Covid-19 potrebbe non essere influenzata non solo dal tono di voce, ma anche dalla fonetica stessa. Secondo un nuovo studio sul “banco degli imputati” ci sarebbe la consonante occlusiva “p” la cui pronuncia comporterebbe l’emissione di più particelle di saliva.
Nella ricerca viene analizzato in particolare modo il comportamento di 4 consonanti, b,d,p,t, in quanto ci sono prove recenti che rispetto ad altre possano causare una maggiore emissione di goccioline.
Covid-19, la fonetica può aumentare la diffusione del virus
Si tratta di consonanti di uso comune in tutte le lingue del mondo la cui frequenza varia dal 60 e l’80%. I risultati della ricerca hanno mostrato che la frequenza di occorenza delle consonanti b,d,t non ha alcuna correlazione con il numero di riproduzione di base del virus (R0).
Esiste invece una correlazione per quanto riguarda la consonante “p”. Ciò suggerisce che le lingue che utilizzano la consonante ‘p’ con più frequenza abbiano una maggiore possibilità di trasmettere il virus Covid-19. Quando pronunciamo quindi la consonante “p” emettiamo più goccioline, portatrici del virus Covid-19.
Già uno studio giapponese aveva trovato una correlazione tra fonetica e Covid-19, in particolar modo quando si pronunciano le p, t, k. Nella fonazione di queste consonanti, che si articolano mediante una completa chiusura della glottide e faringe e con un rilascio completo dopo il blocco, i giapponesi ci mettono meno impegno nell’emettere aria. Questa caratteristica della fonazione del giapponese farebbe sì che le goccioline di saliva, che sono considerate un vettore del virus, si spargano in un’area meno estesa.
Il giapponese tende ad allungare le vocali, specialmente quando si canta in un karaoke, e ciò può risultare molto pericoloso in questo periodo, tanto da chiudere da parte delle autorità del Governo, i karaoke, hobby preferito dei giapponesi.