La proboscide degli elefanti è la nuova fonte di ispirazione per gli scienziati. Infatti è stato avviato un nuovo progetto di ricerca per la creazione di robot manipolatori da impiegare in campo manifatturiero ed alimentare. Ma non solo: la roboproboscide, infatti, può essere utilizzata anche per l’assistenza agli anziani e ai disabili. La Commissione Europea stanziato oltre 3 milioni di euro per una ricerca che vede coinvolti centri universitari sparsi nel mondo.
Una roboproboscide al servizio dell’uomo
La natura è sempre un’eccezionale fonte di ispirazione per gli scienziati e, questa volta, la nuova musa viene direttamente dalla fauna della savana: infatti, “Proboscis” è il nuovo progetto finanziato dalla Commissione Europea con 3,5 milioni di euro nel contesto del programma Horizon 2020 FET – Future Emerging Technologies. A dirigere i lavori è Lucia Beccai dell’Istituto Italiano di Tecnologia di Pontedera, in provincia di Pisa. Gli scienziati hanno il compito di studiare e sviluppare una proboscide robotica da usare in ambito manifatturiero, alimentare. Tuttavia, le potenzialità di questo nuovo robot fanno ipotizzare che possa essere utilizzato anche per l’assistenza ad anziani e disabili.
La proboscide è l’elemento che racchiude il senso del tatto: l’elefante lo utilizza con estrema delicatezza o con una forza notevole, a seconda di quanto deve fare o afferrare. Inoltre lo usa per respirare, per nutrirsi, per comunicare. Proprio la versatilità della protuberanza del mammifero gigante è al centro del progetto. Il gruppo di ricercatori è formato da una vasta rete accademica: si va dall’Università di Ginevra, a quella ebraica di Gerusalemme, alla Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa. Il team sarà affiancato dall’azienda britannica Photocentric, con sede a Cambridge.
La musa è l’elefante africano della savana
Oggetto di studio è la proboscide dell’elefante africano della savana, il Loxodonta africana, di cui è conservato un esemplare proprio all’Università di Ginevra. Lì, l’anatomia della proboscide sarà esaminata con tecniche microscopia episcopica ad alta risoluzione, per poi costruire la struttura, per la prima volta in 3D. Il progetto vedrà il coinvolgimento anche di centri di ricerca del Sudafrica, in modo tale che il mammifero possa essere osservato nel suo habitat naturale.
Le informazioni raccolte verranno elaborate per costruire un manipolatore robotico: secondo le ipotesi dei ricercatori, avrà il corpo costituito da attuatori soft a rigidezze variabili e un sistema sensoriale tattile avanzato, in grado di fornire le informazioni necessarie agli algoritmi di controllo. Inoltre, la roboproboscide sarà ricoperta da una pelle artificiale che replicherà quella rugosa del mammifero, sensibile ma resistente a condizioni difficili. L’estremità sarà dotata di sensori in modo da consentire l’interazione con oggetti di piccole dimensioni.