Una società di venture della Silicon Valley, ovvero la Y Combinator, ha reso pubblica l’idea di un piano di allagamenti programmati nel deserto. La società californiana spera che il suo progetto venga preso dagli scienziati come possibile rimedio al riscaldamento globale ed i cambiamenti climatici.
Secondo questo progetto, un deserto grande come la metà del Sahara, dovrebbe venire inondato con circa 900 trilioni di litri di acqua dell’oceano desalinizzata. Creando milioni di piccoli serbatoi da un ettaro ciascuno, in cui far proliferare le alghe. La crescita delle alghe dovrebbe poter esser tale da assorbire tutto il biossido di carbonio dannoso per il nostro clima. Successivamente tutta questa acqua con le alghe morte come fertilizzante, potrebbe essere usta per far crescere, al posto dei deserti, delle foreste che producano ossigeno e diminuiscano l’anidride carbonica.
Ma questa sarebbe una soluzione valida da provare?
Per mettere in pratica un progetto del genere occorrerebbero dei fondi illimitati e una volontà politica in accordo. Secondo gli esperti questo programma potrebbe ridurre i pericolosi livelli di gas serra. Ma è difficile che si riescano ad ottenere fondi adeguati e consensi politici, al giorno d’oggi. Inoltre, anche se la crisi climatica è così grave da portare a proporre anche opzioni così estreme, questo tipo di interventi creerebbero tanti problemi quanti ne risolvono.
Come nasce questo progetto per affrontare i cambiamenti climatici
La proposta di Y Combinator nasce dall’idea, comune tra gli scienziati, che la sola riduzione della produzione di CO² da parte dell’umanità, non basti. Secondo gli esperti, per risolvere i problemi relativi al cambiamento climatico, bisognerebbe iniziare a rimuovere i livelli in eccesso del gas dall’atmosfera terrestre.
La società startup, che ha contribuito all’avvia di società come Airbnb, Dropbox e Reddit, ha chiesto di presentare proposte specifiche sulle inondazioni nel deserto e altri piani, altrettanto estremi, volti a ridurre le concentrazioni di gas serra. Secondo la società, i problemi provocati dai cambiamenti climatici, richiedono soluzioni drastiche per essere risolti.
Y Combinator ha reso noto che molti sono stati coloro interessati in questa richiesta, anche se non ha fornito dati esatti. Il suo presidente, Sam Altman, ha annunciato che nel 2019 la sua impresa finanzierà tre società per eseguire ricerche sulle soluzioni climatiche del “Piano B”.
Secondo gli scienziati, ulteriori indagini su questo progetto per affrontare i cambiamenti climatici potrebbero essere giustificate. Ma nel contempo citano molte ragioni per cui il progetto di inondazioni del deserto non potrebbe funzionare.
Il primo problema sono le enormi dimensioni
Per attuare il progetto si dovrebbero trasformare 1,7 milioni di ettari di terra arida in pozze d’acqua profonde 2 metri. Solo per pompare sino al deserto l’acqua dell’oceano e desalinizzarla, servirebbero infrastrutture maggiori rispetto a quelle ora presenti unendo tutti le reti idriche mondiali.
Secondo Lynn Fenstermaker, professore di ricerca presso il Desert Research Institute del Nevada, “il deserto è tale per una ragione”. “Inondare il deserto e poi trattenere l’acqua in un’area che ne è già povera e ad alta evaporazione, è difficile da immaginare.”
I costi sarebbero inimmaginabili
Y Combinator stima che la spesa possa aggirarsi attorno ai 50 trilioni di dollari. Cioè circa la metà dell’intera produttività mondiale in un anno. Secondo Altman però se il costo arrivasse all’ordine dei miliardi, allora forse i governi potrebbero finanziare il progetto per opporsi ai cambiamenti climatici.
Verrebbero distrutti gli ecosistemi unici del deserto
“Le persone pensano che non ci sia nulla nei deserti, ma ciò è lontano dalla verità”. Queste le parole Henry Sun, microbiologo e ricercatore presso il Desert Research Center. “Queste diverse specie meritano, e hanno bisogno, il deserto per sopravvivere.” Le inondazioni dei deserti finirebbero per distruggere questi ecosistemi e tutta la vita che vi è presente.
Questi progetti potrebbero peggiorare le cose e distoglier l’attenzione da soluzioni più praticabili
Interferire con la natura può avere conseguenze inaspettate e addirittura peggiori. Ad esmpio, come spiega Katherine Mackey, dell’università della California, in Australia hanno tentato, fallendo, di combattere la sovrappopolazione delle specie endemiche introducendo creature alloctone. “Non è, sostituendo il problema con un’altro, che lo riselveremo”, ha detto la Mackey.
Gli scienziati del clima ritengono che ci siano già le soluzioni necessarie per limitare le nuove emissioni di gas serra e ridurre le attuali concentrazioni di CO². L’ambientalista Paul Hawken le ha catalogate nel suo progetto Drawdown. Secondo Hawken, se attuate tutte insieme, ridurrebbero le emissioni e abbasserebbero le concentrazioni di gas serra a livelli tali da soddisfare gli obiettivi stabiliti nell’accordo sul clima di Parigi del 2015.