
Per oltre un decennio, tra l’869 e l’883 d.C., una massa di schiavi africani, noti come Zanj, mise in ginocchio il califfato abbaside, uno dei più potenti imperi islamici del Medioevo. Non fu un’insurrezione spontanea: fu una delle rivolte di schiavi più longeve e organizzate della storia, portata avanti con determinazione, strategia militare e un forte spirito di solidarietà.
Chi erano gli Zanj
Gli Zanj erano schiavi provenienti prevalentemente dall’Africa orientale, deportati nel sud dell’attuale Iraq per lavorare in condizioni disumane. Il loro compito principale era scavare e mantenere un sistema di canali di irrigazione vicino a Bassora, un lavoro massacrante in un ambiente paludoso e malsano. A differenza di altri gruppi di schiavi dispersi e isolati, gli Zanj si organizzarono, formarono alleanze, e diedero vita a una resistenza duratura.
Una rivoluzione durata dieci anni
La rivolta scoppiò in risposta alle condizioni disumane di lavoro e fu guidata da un carismatico capo, Ali ibn Muhammad, che riuscì a mobilitare migliaia di schiavi. I ribelli conquistarono territori, fondarono una città autonoma, e per anni misero in crisi le forze militari abbasidi. Non si trattò di un gesto isolato, ma di un autentico movimento rivoluzionario.
L’eredità della ribellione
Nonostante la repressione finale da parte del califfato, la rivolta degli Zanj lasciò un segno profondo nella memoria storica. Uno studio recente pubblicato su Antiquity ha infatti smentito l’idea che la schiavitù agricola degli africani orientali cessò con la fine della ribellione. Le forme di sfruttamento continuarono, seppur con maggiore cautela, come osservato dalla storica Kristina Richardson.
Una lezione di resistenza collettiva
La rivolta Zanj è un capitolo spesso trascurato nei libri di storia, ma rappresenta uno degli esempi più forti di resistenza organizzata degli oppressi. In un’epoca in cui il concetto di sindacalismo era ancora lontano, gli Zanj si unirono, lottarono e mostrarono al mondo che persino gli ultimi possono sfidare i potenti. Un monito che attraversa i secoli, più attuale che mai.
Foto di Estefania Ventura su Unsplash