Dubai autismo sostenibilità
Foto di muneebfarman da Pixabay

Dubai è ufficialmente diventata la prima città dell’emisfero orientale a ottenere la certificazione internazionale “autism-friendly”, rilasciata da organizzazioni come la International Board of Credentialing and Continuing Education Standards (IBCCES). Un risultato che sottolinea il crescente impegno dell’Emirato verso l’inclusività e l’accessibilità per le persone con disturbi dello spettro autistico. La certificazione riconosce l’adeguamento di spazi pubblici, infrastrutture e servizi per rispondere alle esigenze sensoriali e comunicative delle persone autistiche.

Numerosi enti pubblici e attrazioni turistiche, tra cui aeroporti, stazioni della metropolitana, hotel e centri commerciali, hanno collaborato per adottare standard di accessibilità più elevati. Il personale è stato formato per offrire assistenza adeguata, e sono stati creati spazi sensoriali tranquilli e percorsi guidati per facilitare l’esperienza delle persone autistiche e delle loro famiglie. Questo approccio riflette una visione moderna di città inclusiva, dove il turismo e la qualità della vita sono pensati anche per chi ha esigenze specifiche.

Inclusione sì, sostenibilità no: il doppio volto di Dubai

Tuttavia, mentre Dubai guadagna riconoscimenti per i suoi sforzi nel campo dell’inclusività sociale, resta indietro su un altro fronte cruciale: la sostenibilità ambientale. La città, nota per i suoi grattacieli, le isole artificiali e lo stile di vita lussuoso, continua a registrare un’impronta ecologica molto elevata, con livelli di consumo energetico e idrico tra i più alti al mondo pro capite.

Nonostante alcuni annunci legati all’energia solare e alla mobilità elettrica, gli investimenti reali in pratiche sostenibili non sembrano essere allineati con la portata e la velocità dello sviluppo urbano. Il paesaggio dominato da cemento e aria condizionata, insieme all’uso intensivo di automobili e alla scarsità di spazi verdi, pone interrogativi sulla compatibilità tra l’immagine futuristica della città e le necessità ambientali del presente.

La contraddizione è particolarmente evidente se si considera che l’autismo è una condizione spesso influenzata anche dai fattori ambientali: inquinamento acustico, qualità dell’aria e spazi sovraffollati possono generare ulteriore stress nelle persone neurodivergenti. In questo senso, un ambiente urbano più sostenibile sarebbe anche un ambiente più inclusivo e salutare per tutti.

Il cambiamento è possibile

Gli esperti sottolineano come sia fondamentale non separare i concetti di inclusione sociale e sostenibilità ambientale. Una vera smart city deve essere al tempo stesso equa, accessibile e responsabile dal punto di vista ecologico. Senza un approccio integrato, si rischia di avanzare su un fronte mentre si arretra su un altro, compromettendo la qualità della vita a lungo termine.

Inoltre, i progetti green promossi finora a Dubai sembrano più orientati al marketing urbano che a un reale cambiamento strutturale. L’Expo 2020, ad esempio, ha presentato padiglioni sostenibili, ma l’impatto complessivo dell’evento ha sollevato dubbi sulla sua coerenza ambientale. Una città che aspira a diventare modello globale dovrebbe affrontare la sfida climatica con la stessa determinazione con cui ha affrontato l’inclusività per l’autismo.

Dubai ha dimostrato che il cambiamento è possibile e che la trasformazione urbana può essere guidata da valori di apertura e accessibilità. Ora la sfida è estendere questa visione anche alla sostenibilità, integrando l’inclusione sociale con la responsabilità ambientale. Solo così potrà davvero definirsi una città del futuro.

Foto di muneebfarman da Pixabay