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Foto di Stefan Keller da Pixabay

Un’indagine scientifica condotta nell’ambito del progetto SETI ha portato alla scoperta di due impulsi ottici rapidi e identici provenienti da HD 89389, una stella simile al Sole situata a circa 100 anni luce dalla Terra. A rendere ancora più sorprendente la scoperta è la somiglianza con un segnale registrato nel 2021 da un’altra stella, HD 217014 (51 Pegasi), situata a circa 50 anni luce da noi.

Lo studio è stato pubblicato sulla rivista Acta Astronautica e condotto da Richard H. Stanton, scienziato della NASA, che da anni monitora oltre 1.300 stelle alla ricerca di segnali ottici potenzialmente artificiali, come impulsi laser nell’ordine dei nanosecondi.

Cosa ha osservato Stanton?

Durante un’osservazione prolungata della stella HD 89389, Stanton ha registrato due impulsi rapidi distanziati di 4,4 secondi, con caratteristiche uniche:

  • La stella si illumina improvvisamente, poi torna al suo stato normale in circa 0,2 secondi
  • L’intensità dell’impulso è troppo elevata per essere attribuita a rumore casuale o a fenomeni atmosferici terrestri

I segnali non coincidono con meteore, fulmini, satelliti o altri fenomeni noti. E, secondo Stanton, nessuna spiegazione attuale è davvero soddisfacente.

Ipotesi sul tavolo

Diverse possibilità sono state prese in considerazione:

  • Diffrazione atmosferica causata da onde d’urto
  • Corpi nel Sistema Solare che oscurano parzialmente la luce della stella
  • Diffrazione dei bordi da parte di oggetti artificiali
  • Impulsi causati da onde gravitazionali
  • Segnali artificiali legati a tecnologie extraterrestri (ETI)

“Qualunque cosa moduli la luce di queste stelle deve essere relativamente vicina alla Terra”, afferma Stanton. “Questo aprirebbe all’ipotesi che l’origine possa essere dentro il nostro Sistema Solare.”

Un passo in avanti nel SETI?

Nonostante il mistero resti irrisolto, Stanton sottolinea l’importanza di questa osservazione per il futuro della ricerca SETI ottica, un settore che si concentra su segnali luminosi ultraveloci, potenzialmente utilizzati da civiltà avanzate per comunicare.

Il suo metodo, basato sul conteggio dei fotoni con una risoluzione di 100 microsecondi, apre nuove possibilità per monitoraggi più precisi e simultanei da più telescopi.

“Finché non avremo più dati, non potremo dire se si tratta di alieni. Ma non possiamo nemmeno escluderlo,” conclude Stanton.

Foto di Stefan Keller da Pixabay