tombe megalitiche Irlanda festa
Foto di Frédéric Mahé da Pixabay

Per anni si è creduto che i grandi tumuli megalitici dell’Irlanda preistorica fossero riservati all’élite dominante. Ma un nuovo studio, pubblicato sull’Archaeological Journal, propone un’interpretazione sorprendentemente diversa: questi luoghi potrebbero essere stati centri di aggregazione, culto e celebrazione collettiva, più che necropoli dinastiche.

I limiti degli studi genetici precedenti

Nel 2020, alcuni legami genetici — compresi casi di incesto — avevano portato a ipotizzare l’esistenza di dinastie regnanti sepolte in questi siti. Tuttavia, il team guidato dall’archeologa Jessica Smyth ha evidenziato un problema cruciale: i dati genetici si basavano su campioni estremamente limitati, spesso uno o due individui per tomba, a fronte di sepolture collettive che potevano contenere anche 100 corpi.

In molti casi, le ossa erano state rimosse, non ancora scavate o risultavano inutilizzabili perché cremate, rendendo difficile ogni analisi genetica.

Una comunità eterogenea e rituali collettivi

Analizzando un campione più ampio e variegato, gli studiosi hanno rilevato che i legami familiari erano deboli o assenti. Come spiega l’archeologo Neil Carlin:

“Non abbiamo visto dinastie, ma un miscuglio di persone, a volte imparentate, a volte no. E si riunivano per commemorare i defunti e costruire monumenti.”

Queste evidenze suggeriscono che i tumuli megalitici fossero luoghi di raduno comunitario più che esclusivi mausolei.

Feste, riti e unione sociale

Secondo la ricercatrice Vicki Cummings, è plausibile che queste occasioni avessero anche valenze sociali e rituali complesse, con cerimonie, matrimoni, alleanze e momenti di festa collettiva:

“È quasi certo che ci fossero celebrazioni. L’elemento comune è la costruzione di monumenti: era un momento per unire le persone.”

Una nuova visione della preistoria irlandese

Questa interpretazione restituisce dignità collettiva alla memoria preistorica, facendo emergere un’immagine della società antica più comunitaria, inclusiva e spirituale, dove il culto dei defunti era condiviso, e non strumento di potere.

Come conclude Smyth:

“Il passato è frammentario. Dobbiamo essere cauti nel ricostruirlo. Ma ora sappiamo che la storia è molto più ricca e variegata di quanto pensassimo.”

Foto di Frédéric Mahé da Pixabay