
Per anni si è creduto che i grandi tumuli megalitici dell’Irlanda preistorica fossero riservati all’élite dominante. Ma un nuovo studio, pubblicato sull’Archaeological Journal, propone un’interpretazione sorprendentemente diversa: questi luoghi potrebbero essere stati centri di aggregazione, culto e celebrazione collettiva, più che necropoli dinastiche.
I limiti degli studi genetici precedenti
Nel 2020, alcuni legami genetici — compresi casi di incesto — avevano portato a ipotizzare l’esistenza di dinastie regnanti sepolte in questi siti. Tuttavia, il team guidato dall’archeologa Jessica Smyth ha evidenziato un problema cruciale: i dati genetici si basavano su campioni estremamente limitati, spesso uno o due individui per tomba, a fronte di sepolture collettive che potevano contenere anche 100 corpi.
In molti casi, le ossa erano state rimosse, non ancora scavate o risultavano inutilizzabili perché cremate, rendendo difficile ogni analisi genetica.
Una comunità eterogenea e rituali collettivi
Analizzando un campione più ampio e variegato, gli studiosi hanno rilevato che i legami familiari erano deboli o assenti. Come spiega l’archeologo Neil Carlin:
“Non abbiamo visto dinastie, ma un miscuglio di persone, a volte imparentate, a volte no. E si riunivano per commemorare i defunti e costruire monumenti.”
Queste evidenze suggeriscono che i tumuli megalitici fossero luoghi di raduno comunitario più che esclusivi mausolei.
Feste, riti e unione sociale
Secondo la ricercatrice Vicki Cummings, è plausibile che queste occasioni avessero anche valenze sociali e rituali complesse, con cerimonie, matrimoni, alleanze e momenti di festa collettiva:
“È quasi certo che ci fossero celebrazioni. L’elemento comune è la costruzione di monumenti: era un momento per unire le persone.”
Una nuova visione della preistoria irlandese
Questa interpretazione restituisce dignità collettiva alla memoria preistorica, facendo emergere un’immagine della società antica più comunitaria, inclusiva e spirituale, dove il culto dei defunti era condiviso, e non strumento di potere.
Come conclude Smyth:
“Il passato è frammentario. Dobbiamo essere cauti nel ricostruirlo. Ma ora sappiamo che la storia è molto più ricca e variegata di quanto pensassimo.”
Foto di Frédéric Mahé da Pixabay