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Foto di Eleonora Attolini da Pixabay

Grazie al telescopio ALMA, gli astronomi hanno osservato uno degli ammassi di galassie in formazione più estremi mai individuati: SPT2349-56, un sistema che si trova a circa 12,4 miliardi di anni luce dalla Terra. Questo protoammasso contiene almeno 14 galassie neonate, che formano stelle a una velocità impressionante—circa 10.000 volte superiore rispetto alla galassia di Andromeda.

Una riserva di gas nascosta alimenta la nascita stellare

Il cuore della scoperta risiede in un elemento chiave: una vasta riserva di gas molecolare che permea l’intero ammasso. “È improbabile che provenga dalle singole galassie”, spiega Dazhi Zhou, autore principale dello studio pubblicato su The Astrophysical Journal Letters. “Sembra piuttosto una riserva diffusa, simile al mezzo intracluster che osserviamo negli ammassi di galassie più maturi.”

Questa “riserva di carburante cosmico” fornisce materia prima per una vera e propria esplosione stellare, sostenendo la nascita di nuove stelle in modo continuo e sorprendente.

Un mistero tra le stelle: nessuna fusione visibile

Una delle caratteristiche più sorprendenti del sistema SPT2349-56 è l’abbondanza di ULIRG (galassie infrarosse ultraluminose), che di solito si formano in seguito a fusioni galattiche. Tuttavia, gli scienziati non hanno trovato prove evidenti di fusioni in corso nel protoammasso.

Questo solleva interrogativi fondamentali: com’è possibile che un numero così elevato di ULIRG si sia formato senza fusioni visibili? La risposta potrebbe proprio risiedere nell’insolita distribuzione del gas molecolare, che sfida le concezioni tradizionali sulla sua localizzazione all’interno delle galassie.

Verso la comprensione delle galassie più massicce

Secondo Zhou, SPT2349-56 rappresenta una finestra unica su una fase cruciale della formazione galattica. Studiando questa struttura giovane e densa, gli astronomi potrebbero finalmente chiarire come si siano formate le enormi galassie ellittiche che oggi vediamo al centro degli ammassi galattici più maturi.

“In fasi successive,” conclude Zhou, “le fusioni violente potrebbero cancellare ogni traccia della loro origine. Ma ora, grazie a questa scoperta, abbiamo l’occasione di osservare il processo nel suo momento più puro e intenso.”

Foto di Eleonora Attolini da Pixabay