
Negli ultimi anni, la ricerca neuroscientifica ha evidenziato un forte legame tra il sistema oppioide endogeno e i disturbi alimentari. Gli oppioidi endogeni, come le encefaline e le endorfine, sono neurotrasmettitori coinvolti nella regolazione del piacere, della ricompensa e del dolore. Una loro alterazione può influenzare profondamente i comportamenti alimentari, contribuendo allo sviluppo di disturbi come l’anoressia nervosa, la bulimia e il disturbo da alimentazione incontrollata (binge eating disorder).
Il sistema oppioide interagisce strettamente con i circuiti della dopamina, responsabile della motivazione e del desiderio legato al cibo. In soggetti con disturbi alimentari, è stato osservato un deficit nella risposta oppioide alla ricompensa alimentare, con una minore attivazione dei recettori oppioidi in risposta al consumo di cibo gustoso. Questo può portare a una ridotta percezione del piacere nel mangiare, spingendo le persone a sviluppare restrizioni alimentari estreme o, al contrario, episodi di abbuffate compulsive per cercare di compensare questa carenza.
La disregolazione degli oppioidi nel cervello e il legame con i disturbi alimentari
Nell’anoressia nervosa, studi hanno dimostrato un’elevata attività del sistema oppioide, il che potrebbe spiegare perché questi pazienti riescono a mantenere una forte restrizione alimentare senza provare la tipica sensazione di fame o sofferenza. L’iperattività oppioide può infatti ridurre la sensibilità agli stimoli edonici del cibo, rafforzando il comportamento di restrizione.
Al contrario, nella bulimia nervosa e nel disturbo da alimentazione incontrollata, il sistema oppioide risulta spesso sottoregolato. Questo porta a una ricerca compulsiva di cibi altamente calorici e ricchi di zuccheri, che stimolano temporaneamente il rilascio di oppioidi e danno una sensazione di piacere e sollievo. Tuttavia, questo meccanismo può portare a un circolo vizioso, poiché l’eccessiva stimolazione può desensibilizzare ulteriormente i recettori oppioidi, aggravando la compulsione a mangiare.
Un altro elemento chiave è il ruolo dello stress. L’asse ipotalamo-ipofisi-surrene, coinvolto nella risposta allo stress, è strettamente legato al sistema oppioide. L’aumento di cortisolo e altre sostanze neurochimiche in situazioni di stress cronico può alterare il funzionamento degli oppioidi, predisponendo allo sviluppo di comportamenti alimentari disfunzionali. Questo potrebbe spiegare perché molte persone con disturbi alimentari riportano una storia di eventi stressanti o traumatici.
Potrebbe portare a strategie terapeutiche più efficaci
La comprensione della disregolazione oppioide ha aperto nuove prospettive terapeutiche per i disturbi alimentari. Alcuni farmaci che modulano i recettori oppioidi, come il naltrexone, vengono studiati per il loro potenziale nel ridurre i comportamenti alimentari compulsivi. Tuttavia, il trattamento rimane complesso e deve essere personalizzato, combinando approcci farmacologici con terapie psicologiche e nutrizionali.
In sintesi, il sistema oppioide svolge un ruolo cruciale nei disturbi alimentari, influenzando la percezione della fame, del piacere e della ricompensa legata al cibo. La sua alterazione può contribuire sia alla restrizione alimentare eccessiva sia agli episodi di abbuffata compulsiva. Approfondire questi meccanismi potrebbe portare a strategie terapeutiche più efficaci, migliorando la qualità della vita di chi soffre di queste condizioni.