mansplaining
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Il termine “mansplaining” è diventato parte del linguaggio comune per descrivere il comportamento in cui un uomo spiega qualcosa a una donna in modo condiscendente, spesso assumendo che lei non abbia la conoscenza o la competenza necessarie sull’argomento in questione. Sebbene l’espressione abbia guadagnato popolarità negli ultimi anni, uno studio psicologico recente ha fornito una nuova prospettiva che ci aiuta a comprendere meglio le motivazioni alla base di questo comportamento apparentemente comune.

Secondo i ricercatori, il mansplaining non è semplicemente un comportamento legato all’arroganza o al sessismo, ma potrebbe essere radicato nel bisogno umano di validazione sociale e autoaffermazione. Gli uomini che praticano il mansplaining potrebbero farlo non tanto per sminuire le donne, ma per rafforzare la propria immagine o per ottenere una forma implicita di riconoscimento. Questa teoria si allontana dalla convinzione che il mansplaining sia esclusivamente un prodotto della disuguaglianza di genere, suggerendo invece che possa essere una risposta a insicurezze personali e pressioni sociali.

 

Lo studio

Lo studio ha coinvolto oltre 500 partecipanti, i quali sono stati sottoposti a una serie di scenari ipotetici e test psicologici. È emerso che gli uomini con una maggiore insicurezza sociale e un forte bisogno di approvazione avevano maggiori probabilità di spiegare concetti ovvi o già noti alle donne, cercando inconsciamente di consolidare il loro status in un contesto sociale. Questo comportamento si intensificava in situazioni in cui percepivano minacce al proprio ego o alla propria autorevolezza.

Gli esperti suggeriscono che affrontare il mansplaining richiede non solo sensibilità sociale, ma anche l’educazione sulle dinamiche alla base di queste interazioni. Promuovere una comunicazione rispettosa e aperta potrebbe aiutare sia gli uomini che le donne a superare queste barriere, costruendo un dialogo più equilibrato.

Riconoscere che il mansplaining è spesso una manifestazione di insicurezza, piuttosto che un atto intenzionale di superiorità, potrebbe essere il primo passo per ridurre questo comportamento, favorendo relazioni basate sulla parità e sulla comprensione reciproca.